flumini nel mondo

giovedì 6 novembre 2008

Dante e il conte Ugolino

Tutti conoscono la storia terribile di Ugolino della Gherardesca: caduto in disgrazia, il conte fu imprigionato con i suoi figli a Pisa nella torre dei Gualani poi chiamata "Torre della Fame" e la chiave della prigione gettata in Arno. I prigionieri morirono per inedia lentamente e tra atroci sofferenze, e prima di morire i figli di Ugolino, secondo l’interpretazione prevalente, lo pregarono di cibarsi delle loro carni. Ugolino muore nel 1288.
La terribile fine del conte deve la sua fama e la sua diffusione esclusivamente a Dante Alighieri, che lo collocò nell'ultimo cerchio dell'Inferno (a metà tra i canti XXXII e XXXIII), tra i traditori.
La terrificante e raccapricciante conclusione fece passare alla storia Ugolino come il conte cannibale. Nel poema, Ugolino afferma che più che il dolor poté il digiuno, e il conte, ormai impazzito e viene spesso rappresentato con le dita delle mani strappate a morsi ("ambo le man per lo dolor mi morsi", Inf XXXIII, 57) per la costernazione.

Studi più recenti, tuttavia, hanno portato gli studiosi a escludere quel tremendo epilogo. Nel 2002 l'antropologo Francesco Mallegni trovò quelli che vennero considerati come i resti di Ugolino e dei suoi familiari. Le analisi del DNA delle ossa evidenziarono che si trattava di cinque individui di tre generazioni della stessa famiglia (padre, figli e nipoti). Il paleodietologo che seguì la ricerca non crede ci sia stato alcun cannibalismo: le analisi delle costole del presunto scheletro di Ugolino hanno rivelato tracce di magnesio ma non di zinco, che sarebbe invece evidente nel caso in cui avesse consumato carne nelle settimane prima del decesso. Risulterebbe abbastanza evidente, invece, l'inedia di cui hanno sofferto le vittime prima della morte: Ugolino era un uomo molto anziano ed era quasi senza denti quando fu imprigionato, il che rende ancor più improbabile che sia sopravvissuto agli altri e abbia potuto cibarsene in cattività.

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