flumini nel mondo

giovedì 27 novembre 2008

"Incendio nella Cattedrale" a Villasor

Alla presenza delle autorità municipali, Paolo Maccioni sarà a Villasor il 5 dicembre alle ore 18,30, nelle sale del Castello Siviller, per presentare il nuovo romanzo: "Incendio nella Cattedrale".
Con l'accompagnamento musicale di Cinzia Ligas (flauto) e Mario Murgia (vihuela de mano) saranno letti alcuni significativi brani dell'opera, premiata a Torino dall'Associazione Arte Città Amica. L'ingresso è gratuito e l'invito alla manifestazione è rivolto a tutti.

domenica 16 novembre 2008

La leggenda del vitello d'oro

La storia nasce da una simpatica lettera che una anonima lettrice ha inviato al forum del sito http://shardanapopolidelmare.net/
Salve a tutti, è la prima volta che entro in questo forum. Ci sono entrata così, per caso.. cercavo proprio qualche notizia sul nuraghe di Seruci. Ho saputo che domenica, cioè domani ci sarà l'inaugurazione ( voci di corridoio dicono questo!).. Ho letto da qualche parte che è già aperto al pubblico, quindi non so proprio quanto sia vera la storia sull'inaugurazione!Comunque sia.. orribile vedere una gru in mezzo a quel bellissimo nuraghe.. quel pezzo di aggeggio moderno stonava li intorno! (anche se c'è rimasto talmente tanti anni, che stava per diventare pure quello un pezzo archeologico!). Mi ha fatto piacere leggere che a qualcuno piace il "mio" nuraghe! Si, lo sento un pò mio.. in quelle case, che dovrebbero diventare il museo, li viveva mio nonno quand'era piccolo, e spesso ci andavo anche io a mangiare il mio pane cotto nel forno ( che è stato distrutto).. una volta morti i genitori di mio nonno, la casa è stata divisa tra i fratelli e mio nonno si è preso la prima porticina sulla destra. E li andavamo a trascorrere le domeniche.. ricordo ancora le anatre che mi inseguivano! Brutti ricordi! Proprio dietro le case, e di fronte a quell'ammasso di pietre che sono diventate una collina c'era un recinto con i cani da caccia, e si trovava anche qualche recinto per i maiali. Mio nonno mi raccontava sempre che si narrava che proprio dentro al nuraghe (la montagnetta) si trovi un vitello d'oro! Mah.. mi ha sempre affascinato questa storia, e mi piace ancora credere che questo vitello, o agnello che sia, esista veramente! Mi è comunque sempre piaciuto gironzolare per il nuraghe.. c'è sempre stato qualcosa di magico! Ovviamente poi c'è stato preso dal comune, proprio perchè è una zona archeologica, e giustamente deve essere messa a disposizione di tutti, anche se l'hanno sequestrata per dei lunghi anni! Beh io domani andrò a vedere se questa inaugurazione c'è oppure no.. al massimo ci troviamo tutti li e restiamo a guardare incantati quella meraviglia.



sabato 15 novembre 2008

Il gigante di Seruci

(Per arrivarci bisogna percorrere la strada che da Iglesias porta a Carbonia. Si svolta per Portoscuso e dopo pochi chilometri si imbocca una strada sulla sinistra che in meno di un chilometro porta al complesso.)
Il complesso nuragico di Seruci fu scoperto da Ignazio Sanfilippo nel 1879 e venne lungamente studiato da Antonio Taramelli ad iniziare dal 1913. Esteso per oltre sei ettari è formato da un grande nuraghe con una torre centrale, circondata da cinque torri ed è costituito da tre tombe dei giganti e da oltre cento capanne. Una di queste ultime è divisa da un tramezzo interno, elemento assai raro nell'età nuragica. Le capanne, circolari e monocellulari formano
agglomerati divisi da piccole strade che portano alla piazza centrale. Al centro del villaggio si trova la Sala del Gran Consiglio, costruita con grossi muri di trachite. La struttura si eleva di circa 15 metri dal piano di campagna. Intorno a questo nuraghe sono stati trovati resti di fusione, segno evidente che si tratava di un centro dotato di tecnica fusoria, presenti anche negli altri nuraghi d'intorno.
Riporto qui di seguito alcuni significativi brani dell'articolo del giornalista Erminio Ariu, apparso il 20/09/07 sulla Nuova Sardegna dal titolo: Seruci, archeologi al lavoro su un’area di oltre sei ettari.
Un silenzio di oltre tremila anni rotto dal rumore del vento di maestrale che nella valle dei nuraghi di Seruci imperversa curvando alberi e frasche: l’equipe di Vincenzo Santoni e Ginetto Bacco da alcuni mesi sta lavorando con metodo e rigore scientifico per riportare al suo antico splendore il nuraghe di Seruci, il gigantesco manufatto sistemato tra la miniera omonima di carbone e il Golfo del Leone sottostante. In pochi mesi di scavi i ricercatori non sono riusciti ancora a dare una completa mappatura del sito nuragico che ad occhio e croce investe quasi sette ettari dell’altipiano che corre tra Il nuraghe Sa Turrita e Sa Piramide ai confini di Portoscuso. Sugli archeologi grava un lavoro immenso: oltre al nuraghe centrale l’area è disseminata di centinaia di capanne che cominciano a prendere forma con l’intervento dei ricercatori. Già dai primi risultati si può affermare che Seruci è il più vasto complesso nuragico dell’isola. Negli anni ‘80 si sono ripresi i lavori di scavo avviati dal Taramelli e il finanziamento recente ottenuto dall’amministrazione comunale di Gonnesa, consentirà ai ricercatori di dare al nuraghe Seruci la giusta collocazione storica e di stabilire la funzione svolta dalle popolazioni nuragiche della zona. (Leggi l'intero articolo cliccando http://www.archeologiasarda.com )
A causa di una indagine sul furto di alcuni preziosi reperti si era resa necessaria l’apposizione dei sigilli su tutto il cantiere impedendo l’apertura al pubblico del nuraghe prevista per settembre scorso. Tuttavia è di pochi giorni fa la notizia che il pubblico ministero ha emesso il decreto di restituzione dell’area sottoposta a sequestro preventivo. Il sindaco di Gonnesa ha prontamente avviato le procedure per la riapertura del cantiere, invitando l’impresa che sta effettuando alcuni lavori a richiamare al lavoro i dipendenti. È perciò augurabile che l’apertura al pubblico possa avvenire in breve tempo. (Erminio Ariu La Nuova Sardegna 04/11/2008)

venerdì 7 novembre 2008

Ugolino in Sardegna

È opinione diffusa attribuire la costruzione del castello di Acquafredda al celebre nobile pisano Ugolino Della Gherardesca.
Il conte Ugolino della Gherardesca nacque a Pisa, nel 1220 circa e morì a Pisa nel marzo 1289. Si sposò con Elena, figlia naturale frutto dell’unione di re Enzo con una certa Frascha.
In virtù della sua parentela con il re Enzo, nel 1252, Ugolino della Gherardesca ottenne dal suocero il vicariato della Sardegna di cui il suocero era Re per averne ottenuto la nomina dal padre. Re Enzo, infatti, discendeva dalla casata degli Hohenstaufen essendo figlio naturale di Federico II di Svevia e di Adelaide di Urslinghen che si conobbero nel castello di Hagenau, una delle residenze preferite dall'imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia. Il suo vero nome, Heinrich, venne abbreviato in Heinz (lat. Encius, italianizzato in Enzio o, in maniera scorretta, in Enzo. (Notizie tratte da varie fonti)



Enzo fu re del Regno di Torres dal 1241 al 1272. Molto bello e intelligente, sposò per interessi dinastici Adelasia, vedova del giudice di Torres e Gallura, e fu nominato re di Sardegna dal padre. Il papa Gregorio IX, che aveva la giurisdizione dell'Isola, scomunicò per questa nomina il padre Federico II e Re Enzo che gli si oppose. Ebbe come soprannome il Falconetto perchè amava, come il padre, la falconeria, ma aveva anche numerosi interessi culturali. (Notizie tratte da varie fonti)
Nel 1252 quindi, essendo vicario del re Enzo, Ugolino della Gherardesca dovrebbe trovarsi in Sardegna nelle terre a lui assegnate dal suocero nel periodo in cui inizia la costruzione del Castello di Acquafredda. Nel frattempo è verosimile che lui avesse la residenza nel castello di San Guantino ad Iglesias, (ora chiamato Salvaterra).
Non dispongo di notizie sulla permanenza di Ugolino della Gherardesca in Sardegna ( se vi è stata) negli anni che vanno orientativamente dal 1257 al 1270 circa, quando lo ritroviamo in Pisa nelle tormentate vicende che lo portarono alla orribile morte.

giovedì 6 novembre 2008

Dante e il conte Ugolino

Tutti conoscono la storia terribile di Ugolino della Gherardesca: caduto in disgrazia, il conte fu imprigionato con i suoi figli a Pisa nella torre dei Gualani poi chiamata "Torre della Fame" e la chiave della prigione gettata in Arno. I prigionieri morirono per inedia lentamente e tra atroci sofferenze, e prima di morire i figli di Ugolino, secondo l’interpretazione prevalente, lo pregarono di cibarsi delle loro carni. Ugolino muore nel 1288.
La terribile fine del conte deve la sua fama e la sua diffusione esclusivamente a Dante Alighieri, che lo collocò nell'ultimo cerchio dell'Inferno (a metà tra i canti XXXII e XXXIII), tra i traditori.
La terrificante e raccapricciante conclusione fece passare alla storia Ugolino come il conte cannibale. Nel poema, Ugolino afferma che più che il dolor poté il digiuno, e il conte, ormai impazzito e viene spesso rappresentato con le dita delle mani strappate a morsi ("ambo le man per lo dolor mi morsi", Inf XXXIII, 57) per la costernazione.

Studi più recenti, tuttavia, hanno portato gli studiosi a escludere quel tremendo epilogo. Nel 2002 l'antropologo Francesco Mallegni trovò quelli che vennero considerati come i resti di Ugolino e dei suoi familiari. Le analisi del DNA delle ossa evidenziarono che si trattava di cinque individui di tre generazioni della stessa famiglia (padre, figli e nipoti). Il paleodietologo che seguì la ricerca non crede ci sia stato alcun cannibalismo: le analisi delle costole del presunto scheletro di Ugolino hanno rivelato tracce di magnesio ma non di zinco, che sarebbe invece evidente nel caso in cui avesse consumato carne nelle settimane prima del decesso. Risulterebbe abbastanza evidente, invece, l'inedia di cui hanno sofferto le vittime prima della morte: Ugolino era un uomo molto anziano ed era quasi senza denti quando fu imprigionato, il che rende ancor più improbabile che sia sopravvissuto agli altri e abbia potuto cibarsene in cattività.

mercoledì 5 novembre 2008

Il castello di Acquafredda

Il parco del Castello di Acquafredda, comprendente la pineta attorno alla collina che si eleva maestosa, baluardo visibile da tutto il circondario, sulla cui cima sono i ruderi del poderoso castello, è gestito dalla cooperativa Antarias che propone escursioni anche con guida gratuita (almeno sei persone), della durata di un'ora andata e ritorno (un'ora e mezzo se con guida). Il costo del biglietto d'ingresso per accedere ai sentieri che si inerpicano nel colle fino alla scoperta del castello è di € 4,00 ( € 3,50 per bambini da 3 a 16 anni) e si acquistano ai piedi della collina dove vi è un punto ristoro attrezzato aperto tutto l'anno.
Il Castello di Acquafredda dista 4 Km dal centro abitato di Siliqua e si innalza su di un colle per un altezza di 256 metri rispetto al livello del mare. La sua costruzione è attribuita al celebre nobile pisano Ugolino Della Gherardesca, conte di Donoratico, sin dal 1257 in cui divenne Signore della parte sud - occidentale della Sardegna. Il castello di Acquafredda controllava l’accesso alla città mineraria, ricca di giacimenti di argento,zinco e piombo, fonte di inesauribile di ricchezza per Pisa.

Caduto in disgrazia, il conte fu imprigionato a Pisa nella torre dei Gualani poi chiamata "Torre della Fame" dove muore nel 1288. Le vicende del conte Ugolino sono divenute illustri grazie ai versi di Dante Alighieri nella Divina Commedia: “La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator…”che possiamo trovare nel XXXIII° canto della Cantica dell’Inferno. Dall’alto del Castello si gode un magnifico panorama della valle del Cixerri e degli stagni di Cagliari e del mare, della Marmilla e dell’iglesiente.

Per prenotazioni e informazioni sulle modalità delle escursioni: Società cooperativa Antarias - via G.Pascoli n° 25 Siliqua (CA) tel. 3491564023 (Matteo) 3497428014 (Mosè) Email: antarias@tiscali.it il sito web: http://www.castellodiacquafredda.it/

lunedì 3 novembre 2008

Incendio nella Cattedrale

Si sono svolte, a distanza di poche settimane, due presentazioni del romanzo di Paolo Maccioni. Di seguito riportiamo alcune immagini che si riferiscono alle due manifestazioni.

Quartu S.Elena 31 ottobre, sala Michelangelo Pira
( Paolo Maccioni apre la serata)

( L'assessore alla cultura Antonio Pani si congratula con l'autore del libro)


( Maria Lebròn e Roberto Ingrosso interpretano poesie spagnole classiche)

(Applausi del pubblico alla fine della serata)


Sabato 17 Ottobre, libreria Piazza Repubblica Libri, di Zurru

( Pubblico attento alla lettura e alla musica)
( Paolo Maccioni introduce il romanzo)
( Presente anche l'omonimo dell'autore, autore a sua volta)