flumini nel mondo

venerdì 21 dicembre 2007

Passeggiate a cavallo


Nello splendito scenario dei monti dei sette fratelli, tra le colline che si innalzano verso Campu Omu ed i sentieri che portano alla montagna ove la casermetta della forestale rappresenta la porta d'ingresso al fascino dei boschi, è possibile trascorrere a cavallo una giornata ricca di magiche suggestioni. In alcune ore si arriva partendo dal maneggio, attraverso percorsi selezionati con cura, alla meta montana, dove, volendo, vi sarà preparato un ristoro basato sui cibi tradizionali dell'antica Sardegna: porchetto ed agnello arrosto.
Il maneggio S. Isidoro è situato ad appena 5 Km. dal centro di Flumini, in via degli agrumi n° 20, 09044, Quartucciu, frazione di S. Isidoro. Al cellulare 3384871860 risponde il titolare Sig. Giovanni Taccori.
Il maneggio è attrezzato, oltre che dei campi, di spogliatoi, servizi doccia, salone con tavernetta dove possono comodamente sostare anche gli ospiti che non praticano l'equitazione.
La scuola di equitazione è riconosciuta FISE e dispone di Istruttore federale di I° livello ( Sig. Angelo Morgera). I cavalli adibiti alla scuola sono 8, mentre per le per le passegggiate sono disponibili altri 7 per un totale di 15. Nell'organizzare i gruppi occorre tener conto dei diversi gradi di preparazione dei partecipanti.
TARIFFE I costi indicativi sono i seguenti: € 20,00 a persona per ogni ora cavallo, per la scuola o piccole passeggiate.
Per giornate intere occorre concordare la tariffa che orientativamente oscilla tra € 40,00 ed € 50,00 a giornata, escluso il costo del pasto a mezzogiorno( questo dipende se si vuol fare colazione al sacco oppure si sceglie il pranzo caratteristico sardo). All'importo va poi aggiunto il costo dell'assicurazione ACLI ( € 9,00 per un anno) oppure FISE (€ 40,00 sempre per un anno) che copre anche l'attività agonistica. Nel caso di passeggiate è anche possibile eliminare questo costo, rilasciando al maneggio una dichiarazione liberatoria.
Per concordare le passeggiate si può telefonare oltre che al titolare, anche agli accompagnatori: Signorina Angela cell. 3407812915 oppure sig. Ignazio cell. 3385415654.

mercoledì 19 dicembre 2007

AUGURI


La capra dei sette fratelli


LA CAPRA DEI SETTE FRATELLI

Arriva un momento nella vita in cui si fanno delle riflessioni su ciò che è stata l’avventura in questo mondo. È una specie di sintesi di tutto quello che ci è capitato e di quello che abbiamo fatto di buono o di cattivo. Un resumè, una sinossi semplice che passa attraverso la mente con la serie di ricordi, a volte velati da melanconia, a volte allegri e spregiudicati, e che dopo un percorso più o meno breve d’immagini si ferma nel cuore che, secondo i casi, accelera i suoi ritmi o li rallenta.
Può darsi che non siamo soltanto noi umani a vivere questi momenti particolari della nostra vita, e che gli animali abbiano una vita sentimentale analoga alla nostra se non ancora più intensa.
Ricordo che avevo appena quindici anni quando mio padre mi portava con se intorno ai boschi dei Sette Fratelli.
Vi era la capra più affascinante della zona. Il suo mantello era liscio come quello di un cervo. Il suo manto era completamente bianco e aveva un’unica macchia nera, quasi un vezzo che le ricopriva un occhio e andava a finire su una parte della spalla destra. Lei se ne faceva quasi un vanto e quando voleva farsi apprezzare si metteva in posizione in modo che la macchia facesse risaltare l’occhio a mandorla con la grande pupilla pensosa. Si poteva ammirarla sui cigli più pericolosi della montagna a ridosso di profondi burroni dentro i quali sembrava poter precipitare da un momento all’altro. Aveva il portamento regale di una leonessa e la forza di un mulo. Le gambe s’inerpicavano lungo le pareti rocciose della montagna saltando di pietra in pietra, mentre l’occhio inseguiva l’istante in cui, immediatamente dopo il primo salto, avrebbe spiccato il secondo. Ancora in volo, sapeva già dove approdare e con un semplice sguardo aveva calcolato meglio di un ingegnere elettronico il tempo, la resistenza agli agenti atmosferici, la probabilità di caduta, il possibile smottamento della roccia, la velocità del vento, l’impatto della sua forza con il suolo.
Si poteva scorgerla sulle vette dei monti e sui picchi più alti, anche la notte, quando si stagliava sulla luna creando una suggestione che faceva venire i brividi.
Eppure venne anche per lei il momento in cui l’età fece sentire il suo peso e le ossa diventarono fragili.
Un giorno cadde e nel cadere si fratturò una gamba e non poté più saltare. L’istinto le fece compiere un movimento brusco per alzarsi, ma si dovette sdraiare nuovamente perché un dolore impossibile da resistere gli trapassò la gamba fratturata andando ad incidere profondamente sul suo cervello. Rimase allora ferma, immobile, quasi aspettando che sopraggiungesse la morte. Senza camminare, infatti, non poteva fare nulla. Si addormentò e si svegliò la mattina presto. Capì che per lei era arrivata la fine e si mise ad attendere che questa arrivasse. Aveva solo un gran desiderio: sale. Il palato sentiva il bisogno di leccare qualche cosa di salato e intuiva d’istinto che quella sostanza sarebbe stata la sua salvezza. Il sale avrebbe fortificato e cicatrizzato dall’interno la ferita, ridandole le forze per potersi alzare e camminare nuovamente in modo da potersi procacciare il cibo necessario alla sua sussistenza. Chiuse gli occhi e rimase nell’attesa e non seppe se passarono i giorni e le notti e quante ne passarono via. Stava indebolendosi sempre più senza possibilità di nessun aiuto e presto sarebbe stata preda d’animali feroci e spietati di cui incominciava a sentire la presenza nei dintorni.
Si svegliò alla carezza di una lingua che ripetutamente le leccava il viso già stanco. La riconobbe. Era la capretta che cercava di imitarla, quando lei era possente e in forze. La seguiva dappertutto cercando di spiccare gli stessi salti che compiva lei. La imitava in ogni suo gesto e prendeva la rincorsa per saltare dietro di lei, quasi per gioco, a misurare le proprie capacità e a gareggiare in bravura. Ora era lì che la leccava e forse sapeva ciò che le era capitato. O forse no, perché ad un tratto sparì e non la vide più.
Stava per morire, ma la capretta arrivò. Aveva fatto una corsa forsennata per arrivare alla strada asfaltata. Aveva percorso vallate, dirupi, colline. Superato ruscelli e guadato acque. Oltrepassato cespugli, arrampicato erti pendii ma, alla fine, aveva trovato l’asfalto. Stava per cadere sotto le ruote di un’auto lanciata a folle velocità, ma lei con un guizzo riuscì ad evitarla. Si fermò solo davanti al mucchio di sale che i lavoranti avevano depositato per rendere meno ostile la neve dell’inverno.
Ne prese con la bocca alcuni grumi, tutti quelli che riusciva a mantenere nella bocca e rincominciò il percorso che aveva fatto all’andata, ma con più velocità, quasi presagendo che da lei dipendeva la vita della capra invalida. Arrivò in fine che aveva la bava alla bocca, ma era stata capace di tenerla chiusa nonostante avesse più volte desiderato aprirla per inspirare a pieni polmoni l’aria di cui aveva bisogno per riprendere fiato. Aveva resistito ed ora poneva i piccoli granelli di sale sulle labbra secche e calde della capra morente. Questa riaprì ancora una volta gli occhi quasi in segno di ringraziamento per la generosità della sua giovane allieva. Vide che la piccola sorvegliava tutta la zona, con le gambe ben ritte e la testa alta, lo sguardo fermo e deciso, e con la forza che sprigionava dal suo portamento eretto, degna rappresentante di quella razza fiera che vagabondava senza vincoli nei boschi, quasi a simboleggiare la libertà.
Non possiamo sapere ciò che le passò per la mente in quei pochi momenti che precedettero la morte, ma è bello credere che chiuse gli occhi felice nella convinzione che la sua vita non era trascorsa invano.
(Paolo Maccioni)

venerdì 14 dicembre 2007

I sette fratelli


LA LEGGENDA
A pochi Km dalla costa, esiste una montagna che sembra nata da una leggenda. In effetti, secondo un racconto popolare, è in una notte magica, milioni di anni fa, che prese forma il massiccio granitico chiamato Sette Fratelli. Secondo la fantasia popolare, l'ignota mano che plasmò la montagna si ispirò alle sette punte della costellazione dell'Orsa, affinché anche in terra ci fosse un punto di riferimento, una sorta di Gran Carro di pietra che indicasse la strada ai viandanti come avviene, in cielo, per la stella polare. Per altri, quei sette giganti di pietra sono la testimonianza terribile di una vecchia leggenda popolare che narra di una storia di delitti interrotti dall'ira divina con la pietrificazione di sette fratelli che, diventati roccia per punizione, furono condannati a scontare la loro pena eterna imprigionati dentro una corazza di granito.La Leggenda, naturalmente, non spiega nulla sulla vera origine di questa montagna, ma spiega molte cose sulla sua natura, sulla sua vita, sulle caratteristiche di una terra nella quale fatti reali ed elementi fantastici sembrano alternarsi con sconcertante naturalezza.
Da "I Sette Fratelli", di Giovanni Sanna 1991




L'area è attraversata dalla sola SS 125 Orientale Sarda, che collega Muravera a Quartu S. Elena e consente già al visitatore di accedere ad uno dei punti migliori di tutta la zona (la vallata del Rio Cannas), tra foreste e gole selvagge, sfiorando la Foresta Demaniale dei Sette Fratelli a Campu Omu, dominata dalle solitarie cime granitiche di quei rilievi, emergenti sul com­patto bosco. Oltre a questa sono scarse le vie comode d'accesso, come si conviene ad una vera zona selvaggia.
L'area comprende praticamente l'intero an­golo sud-orientale dell'isola: un territorio dalla morfologia al­quanto variata e ricco di corsi d'acqua dove si conservano alcuni fra i più interessanti boschi della Sardegna.L'intera zona è scarsamente frequentata poiché comprende al suo interno il solo paese di Burcei. L'Azienda Foreste Demaniali possiede nel territorio un totale di 8.868 ettari in quattro complessi. Il più vasto è quello dei Sette Fratelli che comprende un'area centrale di circa 2.000 ettari (l'area degli omonimi monti) L' alto valore naturalistico di quest'area è dato dalla copertura arborea.

DATI Superficie: 508 Kmq; comprese le zone urbane (Burchi) e le zone di pre-parco (100 Kmq) , 608 Kmq in totale. Comuni interessati: Sinnai, Burcei, Maracalagonis, Dolianova, Serdiana, Quartu S.Elena, Soleminis, S. Nicolò Gerrei, Villasalto, Armungia, S.Vito, Villaputzu, Muravera, Castiadas, Villasimius. Proprietà: a parte le varie foreste demaniali (88,7 Kmq) il restante territorio è quasi interamente di proprietà comunale; 2.000 circa sono dell'E.R.S.A.T. e solo una piccola parte privata. Vi sono inoltre zone di proprietà del comune di Cagliari (laghi di Corongiu) e Muravera.
Da "Sardegna da salvare" autore: Salvatore Colomo F. Ticca - editore: Editrice Archivio Fotografico Sardo

giovedì 13 dicembre 2007

Una visita a Maracalagonis

Maracalagonis è situata a pochi chilometri da Flumini. Ci si arriva percorrendo la via dell'Autonomia Regionale fino alla statale 125 ( Cagliari - Muravera) svoltando a sinistra verso Cagliari e successivamente a destra. Sorge in un'area collinare in leggero declivio. Il nome Maracalagonis deriva dai due antichi centri di Mara e Calagonis i cui nomi hanno origine controversa la più probabile è quella della unione di due termini semiti " hamara" e " chalaca" che significano palude e luogo fertile e che ben descrivevano le caratteristiche delle due aree.

Paese con vocazione agricola, granaio di tutto il campidano dai tempi dell'impero romano, è ricco di frutteti, campi destinati alla produzione di ortaggi, e vigneti, tra cui predominano le qualità di Monica, Malvasia e Nuragus.

Abitanti: 6.793 Superficie: kmq 101,48


Interessante la chiesa Santa Maria Assunta di Mara, col titolo della SS. Vergine degli Angeli. ubicata nel centro storico risale alla seconda metà del XIII° secolo. Nella cappella del Rosario si trova uno splendido polittico del 1450, con episodi della vita di Sant'Antonio, attribuito a Berengario Poccalulli e restaurato da Pietro Cavaro.


Per conoscere e gustare la Sardegna apprezzandone i colori, i profumi ed i sapori, niente di meglio che una serata da Sa Festa di Casa Atzeri. Sa Festa è aperta per voi per serate indimenticabili: cena tipica sarda, musiche e balli tradizionali nella splendida cornice della storica casa campidanese tra il verde ed i profumi delle piante mediterranee. Qui vi accoglie il Prof. Vincenzo Atzeri, maestro di cerimonie custode della consueta ospitalità sarda.
Nella splendida cornice caratterizzata dal verde intenso dei cobezzoli e dei mirti che decorano il giardino coperto ed il patio, gli ospiti seduti al grande tavolo semicircolare, possono gustare le prelibatezze gastronomiche e godere dello spettacolo di balli, musiche e canti della tradizione di tutta la Sardegna.


Casa Atzeri

vico I Cagliari, 1 09040 Maracalagonis (CA) , 070 789054 fax 070 789054 sito web: http://www.safesta.it/ - email: info@safesta.it

mercoledì 12 dicembre 2007

Zone interne di Flumini

Oltre agli insediamenti costieri, esiste tutta una serie di nuclei abitativi lungo la via “ Is Sinniesus” adesso denominata via dell’Autonomia Regionale della Sardegna, e lungo l’altra strada comunale che congiunge la via prima citata con Quartu S.Elena passando per la zona denominata “Su forti”, dall’esistenza di un fortino. Queste due strade che si estendono per circa Km. 10 sono attualmente costellate da abitazioni di vario genere quasi tutte a carattere permanente, e sono sparse per tutta la campagna circostante.



La maggior parte dei residenti non svolge attività agricola, vale a dire che la residenza nella zona di Flumini non è più giustificata dalla coltivazione dei campi né dall’allevamento del bestiame, né ancora dallo sfruttamento intensivo del suolo praticato con tecniche agricole avanzate, a parte la presenza di alcune serre per la coltivazione di ortaggi. L’agro circostante si presenta frammentato in piccole proprietà private, alcune delle quali sono attualmente incolte.



mercoledì 5 dicembre 2007

La pratica del golf a Flumini








Sa Tanca Golf Club si trova in località Flumini di Quartu, a circa 15 minuti dalla città di Cagliari, immerso in una natura unica caratterizzata dai colori, dai profumi e dai silenzi tipici della macchia mediterranea. Gli specchi d'acqua e le specie arboree locali creano un ambiente adatto a chi vuole mettersi alla prova e scoprire l'atmosfera magica della Sardegna. La club house offre servizi di alto livello: Bar, sala ricevimenti, sala da gioco, TV Satellitare, pro shop con articoli delle marche più prestigiose.







Le foto sono state inserite per gentile concessione di Sa Tanca Golf Club - Via delle Bouganville, 3109046 Flumini di Quartu S.Elena (CA)




Per avere notizie dettagliate: http://www.golfsatanca.it/

martedì 4 dicembre 2007

La leggenda dei gigli di mare



Durante una invasione di saraceni, le cui scorrerie erano anticamente molto frequenti sulle rive della Sardegna, questi approdarono proprio in quella spiaggia e di lì si spinsero all’interno della vallata depredandola di tutto quello che riuscirono a trovare.
Una fanciulla bionda pascolava un gregge di pecore e allorché vide i saraceni invadere la spiaggia corse a radunare le sue pecore per fare rifugio nel Nuraghe ove era asserragliata la sua gente. Ma non fece in tempo perché le pecore camminavano lentamente e lei non volle abbandonarle.
I saraceni la immobilizzarono con la forza e la rinchiusero nella stiva della loro nave, sgozzarono le pecore e fecero un grande banchetto. Quando furono sazi di mangiare e di bere, dopo aver fatto razzia di tutto quello che di utile avevano trovato intorno, risalirono sulle loro navi per ripartire e il loro capo si fece portare la fanciulla bionda e cercò di ottenere le sue grazie facendosi galante e premuroso.
Ma lei rifiutò le sue profferte e quando lui tentò di prenderla con la violenza si ribellò. Aveva un carattere forte orgoglioso e fiero. Si difese con tutte le forze e nel dibattersi con la furia della disperazione, gli cavò un occhio con le unghie.
Allora egli, orbo, sanguinante e in preda all’ira che lo rese quasi folle, disse ai suoi uomini di torturarla e di ucciderla.
Questi ubbidirono e, con sadico piacere, le strapparono uno ad uno i capelli della testa con le loro radici, e quando non ebbe più capelli in testa le strapparono i peli dal pube facendole soffrire le pene dell’inferno.
Quando morì la buttarono in mare. Il suo corpo arrivò sino a riva e i gabbiani le volarono intorno. I suoi capelli e la sua bionda peluria si mischiarono con la sabbia e la loro linfa fu ancora così forte che da essi presero vita i gigli di mare che hanno il cuore giallo come i capelli della fanciulla. Ma essi sono anche così fragili e delicati che basta strapparli dal suolo per vederli morire.
( La leggenda è tratta dal romanzo " La guerra del pellicano" di Paolo Maccioni)

FLUMINI NEL PERIODO BIZANTINO

L’antica denominazione di Quartu Sant’Elena risale al 14 Settembre del 1862 poiché prima Quartu era anticamente suddiviso in Quartu de susu (superiore) Quartu de sossu ( inferiore) e Quartu Donnicu (demaniale) ossia regale, di patrimonio giudicale. Il primo sembra si possa identificare con Quartucciu, e gli altri due con le due zone di Quartu ( Città e agro). Durante il periodo bizantino di cui testimoniano numerose chiese rurali, Quartu doveva essere un centro religioso di un certo interesse. Una di queste chiese tutt’ora esistenti e la chiesa di Sant’Andrea.
(vedi post S.ANDREA)
Un’altra chiesa bizantina di cui si ha notizia sembra essere stata quella di San Michele di cui sono rimasti i soli muri perimetrali sopra una gibbosità del terreno nelle vicinanze di Capitana quasi sul mare, di fronte a villa Flavia. Tale località era chiamata dal popolo S. Miali ( Felice Cerchi Paba Quartu S. Elena e il suo litorale – Cagliari 1965 )
Una ipotesi molto suggestiva ma priva di documentazione e quindi scarsamente attendibile è quella citata dallo Spano (Lamarmora A. Itinerario – Trad. dallo Spano) che ritiene esservi stata a Flumini la residenza dei giudici di Cagliari.
Comunque in età giudicale il villaggio di Quartu faceva parte del giudicato di Cagliari e con esso tutte le campagne circostanti. (Carta Raspi – Storia della Sardegna pag. 328 Milano 1974 ).
Una costante fissa di tutto il periodo tra il IX e il XV secolo furono le incursioni e popolazioni arabe che spesso giungevano presso le mal difese spiagge di Quartu a fare bottino e a condurre via buona parte della popolazione giovane, per lo più donne, da utilizzare come schiave per gli harem.
Né durante il periodo che vide Pisa e Genova alternarsi nel possesso dell’isola tali incursioni poterono essere eliminate in quanto la popolazione doveva per lo più difendersi da sola dalle continue devastazioni.
Le campagne di Quartu subirono una grave distruzione durante la guerra tra aragonesi e Pisani nel 1327 quando un’armata aragonese ebbe il compito di incendiare i raccolti delle campagne intorno a Quartu per privare la città di Cagliari di ogni approvvigionamento.
Nel periodo tra il secolo XIV e XVI le zone di cui ci occupiamo fecero parte del patrimonio della Real Corona secondo quanto risulta dal diploma di Ferdinando il Cattolico in data 15 Maggio 1507 col quale le ville di Quartu, Quartucciu e Pirri furono incorporate nel patrimonio.
Sempre nel secolo XVI durante la dominazione aragonese vennero erette lungo tutto il litorale delle torri per la difesa della costa , costantemente vigilate da milizie, al mantenimento delle quali doveva contribuire tutta la popolazione.
In particolare l’amministrazione delle torri gravava totalmente sugli abitanti dei paesi vicini al litorale ai quali erano imposte delle tasse sui beni di consumo primari ed erano proporzionali sia alla ricchezza del luogo sia al numero degli abitanti stessi.
I resti di tali torri si possono tuttora ammirare nelle zone di Cala Regina e del margine rosso, nonché lungo le spiagge di Quartu. ( Vedi archivio: Torri costiere)