flumini nel mondo

lunedì 1 ottobre 2012

La rivincita di Marrubiu, paese dell'ossidiana


Marrubiu
L’origine di Marrubiu va ricerca nell’antica Zuradile di cui rimane il ricordo nella chiesa campestre di Santa Maria Zuarbara o Zuradili. La piccola chiesa, costruita nel XVII secolo d.C. insieme al villaggio omonimo, è stata ricostruita nei primi decenni del secolo scorso e inaugurata nel 1938, quando ritornò ad essere la sede dei festeggiamenti della Madonna di Zuradili, molto sentita dagli abitanti del paese. (Wikipedia)
   
Santa Maria di Zuradili ai piedi del Monte Arci

L’ antichissima  comunità  di Zuradile fu cancellata da calamità naturali, dalle invasioni barbaresche e dalla peste del 1650, ma alcuni personaggi come Antioco Caboni e Battista Ariu,  con orgogliosa determinazione salvarono la comunità trasferendo i pochi nuclei  superstiti nell'attuale Marrubiu.
Splendidamente posta tra il monte Arci e la laguna, Marrubiu era destinata a crescere e prosperare, ma ebbe l’ultimo definitivo colpo nella bonifica che fece nascere Arborea e che limitò l’accesso al mare ai suoi abitanti snaturando la loro naturale vocazione marinara e privandoli quindi di una importante possibilità di sviluppo.
Oggi Marrubiu si ribella al rango di comunità secondaria, rivendica le sue origini, crea un museo etnografico che ripercorre la sua storia e mette in rilievo alcuni suoi siti naturali che sono di estremo interesse.
Museo
Il museo è ubicato nella località " Is Bangius", facilmente raggiungibile deviando dalla SS 131 all'altezza del secondo svincolo per Marrubiu. Si raggiunge, dopo qualche curva la vecchia strada Carlo Felice e subito si trova il cartello che indica la località "Is Bangius". Dopo un chilometro circa si arriva al museo dotato di ampio parcheggio e di servizi.   
Ingrresso del museo articolato su due piani

Le foto pubblicate illustrano alcuni aspetti presenti nel museo aperto il 21 aprile di questo anno. 

Una serie di costumi dell'epoca

arredamento antico
antica cassapanca
bocicletta artigianale
stemma della famiglia Borro
Ossidiana e altre pietre
Ma ciò che rende peculiare ed esclusivo questo museo e lo rende differente dagli altri musei etnologici presenti un po' dovunque in tutta la Sardegna è  il padiglione riservato alla lavorazione dell'ossidiana e la raccolta delle pietre.

lavori in ossidiana di Costanzo Niola
lavori in ossidiana di Costanzo Niola

Scrive Costanzo Niola, in una pergamena illustrativa del suo lavoro:
"La terra è una buona donatrice; dovunque noi andiamo possiamo ammirare il grande miracolo della natura.
Il sole, il mare e i venti, durante tutto l’arco dei secoli, trasformano, intagliando le rocce e le pietre dando loro forme bellissime.
Pare che una mano invisibile abbia voluto lasciare il segno di tanta bravura , visi severi fanno da guardia alla nostra isola, forme di animali perfetti nella loro maestosità.
Ammirandoli sembra di rivedere i tempi remoti, quando tutto era più naturale e più armonioso.
È bellissimo andare in giro per le campagne e le montagne, nel grande silenzio ammiriamo tutta la loro bellezza, dai lavori più vari e dalle forme perfette.
Figure grandiose che si ergono improvvise e che appaiono ai nostri occhi come un grande miracolo." 

Figura di cane ( pietra naturale)
pietre di Costanzo Niola

incredibile somiglianza della pietra naturale al mitologico personaggio


Sa Pedra de Luxia
Sa pedra de Luxia o Trebina Longa

Dice  Piero Martis nel suo libro: Sa Pedra De Luxia, edito dalla Editrice Democratica Sarda nel 2010:
Sa Pedra de Luxia, costruita dalla furia del vulcano in milioni di anni, era per i nostri antenati la sorgente della luce. Dalla notte dei tempi, tra il 20 e il 22 agosto, prima di affacciarsi in tutto il suo splendore sull’ampio golfo dell’oristanese, il cerchio solare  fa capolino proprio sul grande masso di basalto. Il fenomeno  non dovette certo sfuggire ai nostri antenati. Sferzato dal sole implacabile, il gigante di pietra abbraccia col suo sguardo, da nord a sud, gran parte del Campidano.  Di fronte si apre l’ampio golfo con le rovine delle antiche regine del mare Tharros, Othoca eNeapolis per le cui navi la bianca torre costituiva un valido e sicuro punto di riferimento per gli approdi. Dal suo “faro immobile" Luxia pietrificata ha osservato per cinquemila anni scorrere fiumi di sudore e di sangue di una marea di popoli. Ha visto la forza e intelligenza degli “ossidianicì" del Neolitico, i costruttori delle torri nuragiche, gli intrepidi e invincibili Shardana, i mantelli di porpora dei Fenici, l’ombra fulminea di Annibale, lo sguardo impavido di Amsicora e di losto, gli scaltri e suadenti uomini di Cleopatra, l’imperio dei Cesari e dei legionari, l”occhio ceruleo dei Vandali, l’avida arroganza degli ultimi bizantini, la rivalità di Pisani e Genovesi, le orde saracene, l’orgoglio del popolo di Eleonora, e infine gli Spagnoli e i Savoia.
Ma lei è ancora lì, silenziosa e impassibile spettatrice. Intorno nulla è mutato: lungo i pendii, da migliaia di primavere, l’erica, il corbezzolo, il cisto, il lentisco, la fillirea, la lavanda, il rosmarino e il candido asfodelo continuano a sfoggiare la loro fioritura e a impregnare di aromi e profumi l’aria e la nostra pelle.

Leggenda di Lucia arrabiosa
Il mito di Luxia arrabiosa ( da Sa Pedra De Luxia  di Piero Martis)

"La leggenda racconta che Luxia aveva un canto così dolce e melodioso da suscitare l’invidia degli dei. Per questo la punirono, privandola delle sue figlie predilette. Distrutta dal dolore, Luxia non si rassegnò al destino e vagò fino allo stremo delle forze per i boschi e le strettissime valli della montagna, nella vana ricerca delle sue creature. Ogni volta però che, seguendo i loro lamenti, le raggiungeva ed era sul punto di riabbracciarle, svanivano nel nulla.
Gli dei, mossi a pietà, posero fine a questo supplizio trasformandola nel grande masso di basalto. Le sue lacrime però trovano ancora sfogo tra le rocce delle numerose sorgenti, e i suoi lamenti, espressi con voce dolcissima, echeggiano ancora, giurano i locali, tra i fitti boschi di leccio e i  verdi canaloni della montagna."





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