lunedì 29 settembre 2008

Villasimius


Villasimius è conosciuta come la perla della Sardegna meridionale, una delle capitali del turismo estivo, nota anche per l'area marina protetta che costituisce uno dei parchi marini più importanti d'Italia. Negli anni passati il mare di Villasimius servì di passaggio per i popoli che instauravano legami con le città portuali del continente e offriva altresì un ottimo riparo dai venti per le navi mercantili. Oggi Villasimius può vantare altre caratteristiche che la rendono meta turistica non solo nei mesi estivi ma nell'arco di tutto l'anno. E' infatti interessante visitare alcuni siti come il Museo archeologico, ubicato nella via Frau, perpendicolare alle principali via Roma e via Umberto I°, e la Fortezza vecchia, raggiungibile tramite la strada per Capo Carbonara, subito dopo l'ingresso al porto di Villasimius. Il Museo è articolato in cinque diverse sale: la Sala del Mare, la Sala del Santuario, la Sala del Territorio e la Sala del Relitto. Completa il percorso museale la sala dedicata al "relitto dell' Isola dei Cavoli" (nave del XV° secolo diretta dalle Isole Baleari alla Sicilia) il più importante tra i relitti di navi naufragate nel mare dell' isola, in cui sono ben conservati una grande quantità di reperti dai quali si è potuto stabilire l'età, la provenienza e la destinazione; del carico facevano parte le famose azulejos, mattonelle spagnole in smalto azzurro decorate a mano con uno stemma araldico, da cui si è potuto datare il materiale. Nelle fotografie si possono notare delle spade di antica fattura e gli azulejos.
La Fortezza vecchia venne realizzata in tempi diversi, prima a forma triangolare durante la dominazione Aragonese tra il 1323 ed il 1492 e poi completata con forma a stella nel 1578 all'epoca di Filippo il bello. Successivamente venne restaurata in più riprese e nel 1812 resistette ad una scorreria di pirati barbareschi.

domenica 28 settembre 2008

Incendio nella cattedrale vincitore a Torino

Al nuovo romanzo di Paolo Maccioni, Incendio nella Cattedrale (Torino aprile 1997), edito da Fratelli Frilli Editore di Genova, è stato conferito il secondo Premio nel Premio Nazionale di Arti Letterarie 2008 indetto dal Centro Artistico Culturale Arte Città Amica.
La premiazione avverrà sabato 4 ottobre 2008 presso la sala conferenze della prestigiosa Galleria d'Arte Moderna - Corso Galileo Ferraris, 30 Torino, alla presenza delle autorità cittadine e della giuria.

lunedì 22 settembre 2008

La leggenda della sella del diavolo

(la foto è tratta dal sito www.paradisola.it)

Il barbiere Dais, il presunto uccisore di Gerolamo Pitzolo nel 1795 non ebbe fortuna. Narra la leggenda che alcuni "amici" gli proposero una battuta di caccia. Nella estremità della Sella del diavolo, raggiungibile soltanto via mare, esisteva ed esiste tuttora una grotta denominata " la grotta dei piccioni", cavità che probabilmente è il più grande antro naturale presente in Cagliari, il cui nome trae origine dai colombi e dai piccioni che ancor oggi, in gran quantità, nidificano all'interno. Essendo accessibile solo via mare, con l'ausilio di una piccola imbarcazione, veniva prediletta dai pescatori della zona e in particolar modo dai cacciatori che andavano a prendere i volatili.
Il Dais venne quindi condotto da questi “amici” in barca alla grotta con il pretesto della caccia ai colombi, allora in uso. Durante la caccia gli amici si rivelarono però per quel che erano, e cioè i vendicatori dell'uccisione del Pitzolo e di altri uomini a lui vicini, massacrati nello stesso giorno dalla fazione dei rivoltosi di cui faceva parte anche il Dais.
E la vendetta fu terribile: venne legato alla parete, a pelo d’acqua, all’imboccatura della grotta e lasciato annegare lentamente con il salire della marea. Da allora la Grotta dei Colombi, già meta di escursioni in barca e battute di caccia da parte dei cagliaritani, e per tutto il 1800, fu evitata perché ritenuta un luogo maledetto, nascondiglio di uno spettro maligno.
Si dice che l'anima di colui che perde la vita per morte violenta non può riposare in pace. Il lugubre lamento della vittima si è perciò fatto sentire a lungo tra le tenebre dell'antro e le circostanti acque, rievocando così l'assassinio e incutendo terrore in coloro che dal mare, scorgevano l'ingresso della cavità. Lo spettro del Dais vagava alla ricerca dei suoi assassini e il suono prodotto dal vento e dal mare era il suo lugubre lamento.

La fine ingloriosa di Gerolamo Pitzolo

L'uomo non doveva essere certamente uno stinco di santo se già in gioventù ebbe dei trascorsi che dimostrarono il suo carattere prepotente. A Torino, dove studiava per aver ottenuto una borsa di studio (non per meriti ma perchè rampollo di una nobile schiatta) uccise in duello un uomo e per tale motivo fu costretto a rientrare precipitosamente a Cagliari dove però fu arrestato e imprigionato. Il padre ne chiese la grazia. Si laureò in leggi e nella carriera forense evidenziò oltre la capacità anche il carattere irascibile, intollerante verso chi gli si opponeva, che il Manno, nella sua storia della Sardegna, giudicò “ vanaglorioso, di natura boriosa ed altera”. Nel 1773, per aver offeso un giudice fu condannato a 15 giorni di reclusione nel castello di San Michele. Nel 1781 ottenne un’altra condanna a 9 giorni di arresti domiciliari per aver reagito violentemente ad una convocazione da parte di Giovanni Maria Angioy che, ritenendosi offeso, si rivolse al magistrato ottenendo soddisfazione.
Nonostante tutto fu convocato per difendere Cagliari dal pericolo dell’invasione francese del 1973 e il vicerè Balbiano lo nominò colonnello delle truppe. Si distinse per aver evitato lo sbarco d’alcune scialuppe francesi durante i bombardamenti della città che a più riprese tentarono di sbarcare a Calamosca. Pur nell’incertezza di come andarono realmente le vicissitudini della battaglia contro i francesi al Pitzolo furono tributati grandi onori. La poesia popolare cantò le sue gesta e si propose che il suo nome fosse scritto in litteras de oro d’ogni historia. Dal vicerè Balbiano, nonostante questi fosse stato autorevolmente sollecitato, non ricevette però nessuna ricompensa e nemmeno lodi. Re Vittorio Amedeo III volle sì premiare i sudditi che gli avevano salvato il trono, ma nelle ricompense furono favoriti i piemontesi e non i sardi che invece avevano veramente combattuto. Offesi i sardi convocarono gli stamenti (ecclesiastico, militare e reale) e stilarono delle richieste divise in 5 punti da inviare al Re.
Il 17 agosto partì una delegazione composta di 6 persone tra cui Gerolamo Pitzolo La delegazione fu fatta attendere 3 mesi prima di essere ricevuta dal re, mentre a Cagliari il malcontento aumentava, la media borghesia preparava la sommossa e nel nord dell'isola si scatenavano le lotte antifeudali. Dai primi mesi del 1794 si cominciò a preparare la ribellione.
Quando Girolamo Pitzolo rientrò da Torino fu acclamato dai cagliaritani come padre della patria, nonostante le risposte del re non fossero state soddisfacenti. Il 28 Aprile 1794, il malcontento degenerò in aperta ribellione. Furono i giorni de s’acciappa (la caccia ai piemontesi ancora in città) celebrati nella ricorrenza Sa die de sa Sardigna. Furono catturati tutti i 514 funzionari continentali, incluso il vicerè Vincenzo Balbiano, e furono cacciati via dall'isola. L'esempio fu seguito da altre città e la rivolta si propagò per tutta la Sardegna. Seguì un lungo periodo di turbolenze politiche in cui il malcontento generale divenne una mina vagante per tutti.
Gerolamo Pitzolo fu nominato da Vittorio Amedeo III di Savoia intendente generale e questo fatto contribuì a suscitare nel popolo invidia e odio. I suoi oppositori congiurarono contro di lui e sobillarono il popolo. Furono messe in giro voci calunniose come quella di essersi impossessato dell’oro abbandonato dai francesi in ritirata. Il 6 luglio 1975 cadde nelle mani del popolo che, sembra per opera di un certo Dais, di professione barbiere, lo uccise, mentre veniva accompagnato alla torre di San Pancrazio per esservi imprigionato. Fu poi massacrato dalla folla, spogliato e abbandonato sul selciato.

sabato 20 settembre 2008

Gerolamo Pitzolo



Il territorio di S. Elia ed il suo colle sono fortemente connessi con la storia della Sardegna. In un mare che già s’increspava per il vento di levante, nella livida mattina del 22 gennaio 1793 apparvero improvvisamente alle vedette cagliaritane appostate nell’alto del colle di Sant’Elia le navi francesi che intendevano invadere la Sardegna. Furono subito allestite le difese e approntati i manipoli di soldati che avrebbero dovuto evitare lo sbarco delle truppe francesi. A capo di loro furono posti alcuni nobili e coraggiosi uomini tra cui spiccò il nome di Gerolamo Pitzolo. La resistenza dei cagliaritani tenne in scacco la flotta che bombardava la città, ma i francesi riuscirono a sbarcare nella zona di Quartu e del margine rosso e le truppe marciarono in direzione di Cagliari tentando così l’accerchiamento delle milizie sarde. Ma il tentativo fallì e le truppe francesi furono respinte e costrette a bivaccare sulla spiaggia in preda alle intemperie fino a quando non riuscirono a risalire sulle loro navi. In questa occasione fu accreditata al Pitzolo la vittoria sulle truppe francesi e lui stesso fu applaudito come salvatore della patria. Ma fu vera gloria? Il dubbio è legittimo in quanto gli storici affermano che fu invece qualche casualità, pare l’abbaiare di un cane, a provocare nelle inesperte truppe francesi episodi grotteschi come quello in cui gli invasori, confusi e allarmati, finirono per spararsi fra loro credendo di combattere il nemico, prima di fuggire in preda al terrore lasciando sul terreno, oltre ai cadaveri, tutte le loro vettovaglie.

sabato 13 settembre 2008

5° anniversario dell'attentato di Nassiriya

Riceviamo la seguente richiesta di pubblicazione:

COMUNICAZIONE
In occasione del 5° Anniversario dell'attentato di Nassiriya,
il Portale degli Artisti, in collaborazione con il
COMANDO GENERALE DELL'ARMA DEI CARABINIERI,
organizza a Torino dal 12 al 19 Novembre 2008
una mostra d'arte a tema: IL CARABINIERE E LA PACE.
Per informazioni:
http://www.ilportaledegliartisti.it/ info@ilportaledegliartisti.it

giovedì 11 settembre 2008

Forte S. Ignazio

Dalla Torre di Calamosca si arriva con una facile passeggiata al forte di Sant'Ignazio. Come è scritto nel post di ieri e come evidenziano le fotografie, tutta la zona riveste un interesse storico notevole e i resti del forte, uniti alla torre, al faro e al panorama che circonda questi luoghi dovrebbero essere considerati elementi validi per una riscoperta turistica di tutto il promontorio. Di ciò si parlava anche oltre mezzo secolo fa, ma nulla è cambiato da allora. Forse ad impedire lo sviluppo della intera zona è la presenza militare che la burocrazia non riesce a rendere compatibile con l'esigenza turistica. Il mondo, però, corre molto più in fretta della nostra burocrazia e talvolta, come in questo caso, non riusciamo a stargli dietro.

Il progetto del fortino fu redatto nel 1792 dal capitano Lorenzo Franco in previsione dello sbarco delle forze rivoluzionarie francesi. Nonostante l'iniziale battesimo di fuoco avvenuto nell'inverno tra il 1792 e il 1793, la realizzazione del progetto non fu mai completata e l'opera fu disattivata nel 1801; i pochi cannoni di cui era dotato furono trasferiti alla vicina Torre di Calamosca.

TORRE DI CALAMOSCA. L'epigrafe attesta che fu edificata nel 1638, al tempo del Vicerè Don Antonio Ximenes De Urrea De Almonacir. Successivamente fu inglobata nella costruzione del faro, avvenuta nel 1859. ( foto e notizie sono state tratte dal sito http://web.tiscali.it/assfortsardegna/)

lunedì 8 settembre 2008

San Bartolomeo:Torre di calamosca

La Torre di Calamosca è un edificio storico di Cagliari, situato sul colle Sant'Elia, in zona San Bartolomeo. La mole della Torre, con l'adiacente faro, domina la spiaggetta di Calamosca, da cui prende il nome. Attualmente il complesso è di proprietà della Marina militare.
L'impianto originario della torre, di forma cilindrica, risale al 1638, come riportato nella lapide murata all'esterno e recante lo stemma del re di Spagna. La sua costruzione rientrava nel progetto difensivo degli spagnoli in Sardegna, in seguito al quale si ebbe nell'Isola la costruzione di diverse torri costiere. La torre di Calamosca era detta torre de armas, per i potenti cannoni che ospitava, o anche torre dei segnali, per via delle segnalazioni che da essa si inviavano allo scopo di comunicare al Castello di Cagliari eventuali passaggi di navi. Ebbe un ruolo rilevante nel respingere l'attacco della flotta francese nel 1793. Alla metà del XIX secolo la torre originaria venne innalzata con l'aggiunta del corpo cilindrico superiore e venne eretto il vicino faro. http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Calamosca






Per arrivare alla torre di Calamosca bisogna percorrere quasi completamente il viale Calamosca e svoltare a destra su un viottolo asfaltato che, con ripide curve, arriva in poco più di un chilometro alla sommità del colle. Qui lo spettacolo è affascinante perché si domina in buona parte Cagliari e dall'altro lato il mare aperto che lambisce da un lato i monti sulcitani. Invano si cercherà però di conoscere l'interno di questa costruzione che tanta parte della storia marinara della Sardegna ha visto scorrere ai suoi piedi dall'alto della sua posizione altolocata. Le sue mura, le camerate, i piazzali, le feritoie da cui i cannoni rispondevano agli attachi nemici non ci faranno fremere al ricordo della Storia. E' tutto rigorosamente chiuso. Sotto il profilo turistico la visita è un vero e proprio fallimento, anche perché intorno pullulano immondizie varie che, evidentemente nessuno si cura di raccogliere. A distanza di oltre circa cinquanta anni dall'ultima volta che vi feci una visita, nulla è cambiato a parte l'asfalto per la strada di accesso. Il tempo da allora sembra essersi fermato ed imbruttito. Peccato.

martedì 2 settembre 2008

La musica in gola di Marco Diana

Ciò che mi ha dato l'occasione nei giorni scorsi di visitare la chiesa di San Bartolomeo, che non conoscevo, è stata la manifestazione promossa da Vincenzo Di Dino: Festival Letterario San Bartolomeo. Nella giornata inaugurale del festival è stato presentato, tra gli altri, il libro di Marco Diana, la Musica in gola che ho già citato anche in qualche altra occasione e che qui voglio ricordare riportandone un brano scelto tra i tanti che compongono questo bel libro: Margherita spalancò la bocca e saltò via dalla panchina. Nonostante la vita le avesse riservato grandi sofferenze, era felice d'esistere e orgogliosa della propria libertà. Non le era mai riuscito di comprendere come poteva una persona in salute decidere di bruciarsi in quel modo. Per lei la vita degli uomini poteva essere rappresentata con una pergamena in cui ognuno ha la possibilità di scrivere il proprio presente, istante per istante. Più volte aveva constatato che molte persone se ne vanno riuscendo a malapena ad apporre una firma di presenza mentre altre, le più fortunate, riescono addirittura a comporre un poema. Era certa che Tullio fosse uno di quei pochi illuminati e per questo motivo gli contestò la decisione di rinchiudersi in un ospizio. Non voleva che l'amico accartocciasse il papiro della sua vita e lo gettasse anzitempo nell'inceneritore.

Il romanzo è edito dalla casa editrice Altrimedia Edizioni di Bari ed è presente nelle librerie. Se per qualche disguido non fosse disponibile potete contattare direttamente il sito dell'autore http://www.musicaingola.blogspot.com/

(nelle foto: quadro di F. Nizzi, coll.privata; il locale all'aperto in via Calamosca, nel quale si è tenuta la manifestazione. )



San Bartolomeo di Cagliari

Ancora una volta, così come per Castiadas, ci troviamo a dover fare i conti con l'opera di bonifica compiuta da galeotti costretti al duro lavoro per rendere la zona in cui operavano vivibile per coloro che arriveranno dopo di loro.
Ciò che ha contribuito, infatti, a rendere San Bartolomeo una borgata è stata la scelta del luogo per l'inserimento del bagno penale, una delle prime colonie penitenziarie impiantate nell'isola. I lavori della casa di pena furono ultimati nel 1842. Il fabbricato poteva contenere 1500 condannati i quali avrebbero dovuto trasformare la zona adiacente in sito ubertoso. I galeotti erano impegnati principalmente nell'estrazione del sale, che attraverso un canale veniva trasportato nei magazzini della città, presso la darsena per essere caricato sulle navi.
Pasquale Cugia ( studioso quartese 1827- 1905) così descrive lo stabilimento: " L'edificio è diviso in saloni e corridoi che, nella parte principale, convergono alla cappella. L'ospedale è vasto e diviso nelle due sezioni medica e chirurgica con farmacia ben provveduta. Lo stabilimento è tenuto con somma cura ed è uno dei più importanti d'Italia. Nel Luglio 1891 conteneva 1300 condannati."
Ma ancora prima dell'insediamento della colonia penale e già dall'antichità la zona era abitata e alle pendici del monte S.Elia si usava festeggiare San Bartolomeo. Nella chiesa che ha dato il nome alla borgata, i macellai, che per concessione spagnola pascolavano il bestiame nella pianura circostante, organizzavano la festa con il risultato della vendita degli zoccoli e delle corna degli animali macellati.


La chiesa fu costruita intorno alla metà del seicento. Nel retablo dell'altare maggiore vi è la pala raffigurante la natività e il martirio di San Bartolomeo, opera di Giovanni Mazzini, romano 1650. Nel 1678 fu aperta una cappella sul fianco sinistro con il lascito di una nobile trapanese Rosalia Genovés. Nel fondale di questa cappella vi un retablo in legno dorato che è la copia della marmorea madonna di Trapani conservato nel santuario trapanese.


In mezzo alla piazza prospiciente la chiesa vi è una fontana a pompa costruita nel 1857 dai forzati del bagno penale e restaurata in occasione di Italia '90.

Percorrendo il viale Calamosca è possibile raggiungere alcune mete di interesse naturalistico nel colle Sant'Elia, che domina il quartiere. Il colle è noto soprattutto per il promontorio detto Sella del Diavolo. Di rilievo sono anche la spiaggia di Calamosca, la spiaggetta di Cala Fighera e le alte falesie.
In cima al colle si trova il faro del 1859
e l'adiacente Torre di Calamosca, edificata nel XVII secolo dagli Spagnoli. (Wikipedia )