domenica 1 marzo 2015

Paesi di Sardegna: Orosei

Dal sito "nonsolobaronia" di Marco Camedda su Orosei e dintorni. 

           IL POSTO PIU’ BELLO DELLA SARDEGNA?

di , 28 Febbraio 2015 18:45

       Il posto più bello della Sardegna?


È il Golfo di Orosei secondo “Lonely


Planet” la più celebre guida turistica


del mondo



OROSEI: Una vista da della spiaggia della Marina con pineta di "su Barone"

OROSEI:La pineta di Su Barone vista dallo stupendo stagno
A incoronarlo, la nuova edizione della prestigiosa guida Lonely Planet, dedicata alla Sardegna. Gli autori, Kerri Christiani e Duncan Garwood, hanno stilato la loro top 5 anche sulle pagine del quotidiano anglosassone Daily Telegraph.

Il lago nell'oasi di Biderosa. In lontananza le montagne fra Orosei e Siniscola

 ALBA A BIDDEROSA (foto camedda)

Vedendo quanto è pubblicato nel blog di Marco Camedda “nonsolobaronia” e ammirando le belle fotografie sui dintorni di Orosei non posso fare a meno di ricordare mio padre Attilio Maccioni, innamorato da sempre non solo della sua Orosei ma anche di tutta la Sardegna di cui ha scritto nelle sue poesie pubblicate in ben dieci volumi ed anche in molteplici articoli apparsi in riviste e giornali e particolarmente nella rubrica "passeggiate" in cui raccontava le sue esperienze di viaggi,  che contenevano considerazioni a tutto tondo sul costume e sulla società del tempo non solo in Sardegna ma anche in Italia e all'estero.
Per non disperdere quanto è stato detto e scritto da parte sua  sto ora realizzando la raccolta dei suoi scritti sparsi ovunque, unitamente alla sua biografia in cui è considerata la sua figura di uomo, di poeta e di medico. 
La descrizione poetica delle bellezze naturali di Orosei sono descritte con struggente malinconia nel brano che segue tratto dall'articolo intitolato Sosta in santa Prassede, pubblicato nell'Unione Sarda il 25 aprile 1960.
(di Attilio Maccioni) ... 
Il ponte  di undici bocche, il fiume dei cedri e le sue spiaggette di liquirizia, i tuffolini che si rincorrono e si nascondono fra i giunchi, le lavandaie che affondano nell'acqua le gambe nude, le orde dei buoi he vanno all'abbeverata, i colli intorno con in cima la chiesa. E poi il mare. Quel mare da creazione, così aperto ed alto, così ondoso e profondo e la sua riva di sabbia grezza, pietrosa, che s'apre a voragine nella polpa dell'onda e vi si incide come una ferita. Lontano, ai fumosi bracci del golfo, due scogli, due sentinelle, due mani che raccolgono in una coppa sangue effervescente. L'implacabile sole sta fermo sulla terra come uno di quegli astori che s'inchiodano in aria ostinati contro il vento, colora di giallo tutta la terra e la sabbia e il mare. Brucia l'erba e la foglia, arde l'ombra e il sasso, evapora il sangue dalle vene, la gente si raggriccia, i visi si fanno come il gheriglio nella noce, le ossa si rivestono di poca carne, gli uomini diventano terra. Dal disfacimento che fermenta emergono balzando violenti, colorati e carnosi, i fiori e le donne. Le acacie del viale, le orge di giovinezza, tanto ingenuamente goduta, la comunione con la natura, il vino, il pane, gli amici, i morti, i lontani remoti odori d'erbaluisa, di cotogno, il limone e la foce del Cedrino.
Paolo Maccioni