Marrubiu
L’origine di Marrubiu va ricerca nell’antica Zuradile di cui
rimane il ricordo nella chiesa campestre
di Santa Maria Zuarbara o Zuradili. La piccola chiesa, costruita nel XVII
secolo d.C. insieme al villaggio omonimo, è stata ricostruita nei primi decenni
del secolo scorso e inaugurata nel 1938, quando ritornò ad essere la sede dei
festeggiamenti della Madonna di Zuradili, molto sentita dagli abitanti del
paese. (Wikipedia)
Santa Maria di Zuradili ai piedi del Monte Arci |
L’ antichissima comunità di Zuradile fu cancellata da calamità naturali, dalle invasioni
barbaresche e dalla peste del 1650, ma alcuni personaggi come Antioco
Caboni e Battista Ariu, con orgogliosa determinazione salvarono la comunità trasferendo i pochi
nuclei superstiti nell'attuale Marrubiu.
Splendidamente posta tra il monte Arci e la laguna, Marrubiu era destinata a crescere e prosperare, ma ebbe l’ultimo definitivo
colpo nella bonifica che fece nascere Arborea e che limitò l’accesso al mare ai suoi abitanti snaturando la loro naturale vocazione marinara e privandoli quindi di una importante possibilità
di sviluppo.
Oggi Marrubiu si ribella al rango di comunità secondaria,
rivendica le sue origini, crea un museo etnografico che ripercorre la sua storia
e mette in rilievo alcuni suoi siti naturali che sono di estremo interesse.
Le foto pubblicate illustrano alcuni aspetti presenti nel museo aperto il 21 aprile di questo anno.
Museo
Il museo è ubicato nella località " Is Bangius", facilmente raggiungibile deviando dalla SS 131 all'altezza del secondo svincolo per Marrubiu. Si raggiunge, dopo qualche curva la vecchia strada Carlo Felice e subito si trova il cartello che indica la località "Is Bangius". Dopo un chilometro circa si arriva al museo dotato di ampio parcheggio e di servizi.
Ingrresso del museo articolato su due piani |
Una serie di costumi dell'epoca |
arredamento antico |
antica cassapanca |
bocicletta artigianale |
stemma della famiglia Borro |
Ossidiana e altre pietre
Ma ciò che rende peculiare ed esclusivo questo museo e lo rende differente dagli altri musei etnologici presenti un po' dovunque in tutta la Sardegna è il padiglione riservato alla lavorazione dell'ossidiana e la raccolta delle pietre.lavori in ossidiana di Costanzo Niola |
lavori in ossidiana di Costanzo Niola |
Scrive Costanzo Niola, in una pergamena illustrativa del suo lavoro:
"La terra è una buona donatrice; dovunque noi andiamo
possiamo ammirare il grande miracolo della natura.
Il sole, il mare e i venti, durante tutto l’arco dei secoli,
trasformano, intagliando le rocce e le pietre dando loro forme bellissime.
Pare che una mano invisibile abbia voluto lasciare il segno
di tanta bravura , visi severi fanno da guardia alla nostra isola, forme di
animali perfetti nella loro maestosità.
Ammirandoli sembra di rivedere i tempi remoti, quando tutto
era più naturale e più armonioso.
È bellissimo andare in giro per le campagne e le montagne,
nel grande silenzio ammiriamo tutta la loro bellezza, dai lavori più vari e
dalle forme perfette.
Figure grandiose che si ergono improvvise e che appaiono ai
nostri occhi come un grande miracolo."
Figura di cane ( pietra naturale) |
pietre di Costanzo Niola |
incredibile somiglianza della pietra naturale al mitologico personaggio |
Sa Pedra de Luxia
Sa pedra de Luxia o Trebina Longa |
Dice Piero Martis nel
suo libro: Sa Pedra De Luxia, edito dalla Editrice Democratica Sarda nel 2010:
Sa Pedra de Luxia, costruita dalla furia del
vulcano in milioni di anni, era per i nostri antenati la sorgente della luce. Dalla
notte dei tempi, tra il 20 e il 22 agosto, prima di affacciarsi in tutto il suo
splendore sull’ampio golfo dell’oristanese, il cerchio solare fa capolino proprio sul grande masso di
basalto. Il fenomeno non dovette certo
sfuggire ai nostri antenati. Sferzato dal sole implacabile, il gigante di
pietra abbraccia col suo sguardo, da nord a sud, gran parte del Campidano. Di fronte si apre l’ampio
golfo con le rovine delle antiche regine del mare Tharros, Othoca eNeapolis per
le cui navi la bianca torre costituiva un valido e sicuro punto di riferimento
per gli approdi. Dal suo “faro immobile" Luxia pietrificata ha osservato
per cinquemila anni scorrere fiumi di sudore e di sangue di una marea di
popoli. Ha visto la forza e intelligenza degli “ossidianicì" del
Neolitico, i costruttori delle torri nuragiche, gli intrepidi e invincibili
Shardana, i mantelli di porpora dei Fenici, l’ombra fulminea di Annibale, lo
sguardo impavido di Amsicora e di losto, gli scaltri e suadenti uomini di
Cleopatra, l’imperio dei Cesari e dei legionari, l”occhio ceruleo dei Vandali,
l’avida arroganza degli ultimi bizantini, la rivalità di Pisani e Genovesi, le
orde saracene, l’orgoglio del popolo di Eleonora, e infine gli Spagnoli e i
Savoia.
Ma lei è ancora lì, silenziosa e impassibile
spettatrice. Intorno nulla è mutato: lungo i pendii, da migliaia di primavere,
l’erica, il corbezzolo, il cisto, il lentisco, la fillirea, la lavanda, il
rosmarino e il candido asfodelo continuano a sfoggiare la loro fioritura e a
impregnare di aromi e profumi l’aria e la nostra pelle.
Leggenda di Lucia arrabiosa
Il mito di Luxia arrabiosa ( da Sa Pedra De Luxia di Piero Martis)
"La
leggenda racconta che Luxia aveva un canto così dolce e melodioso da suscitare
l’invidia degli dei. Per questo la punirono, privandola delle sue figlie
predilette. Distrutta dal dolore, Luxia non si rassegnò al destino e vagò fino
allo stremo delle forze per i boschi e le strettissime valli della montagna,
nella vana ricerca delle sue creature. Ogni volta però che, seguendo i loro
lamenti, le raggiungeva ed era sul punto di riabbracciarle, svanivano nel nulla.
Gli
dei, mossi a pietà, posero fine a questo supplizio trasformandola nel grande
masso di basalto. Le sue lacrime però trovano ancora sfogo tra le rocce delle
numerose sorgenti, e i suoi lamenti, espressi con voce dolcissima, echeggiano
ancora, giurano i locali, tra i fitti boschi di leccio e i verdi canaloni della montagna."
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