venerdì 27 giugno 2008

"Su magasinu"




E' una casa di campagna, un tempo adibita alle necessità contadine che avevano bisogno di molto spazio e molti locali, ed ora modernamente attrezzata in modo che i proprietari, signori Picci, originari di Quartu S.Elena, possano comodamente abitarci tutto l'anno. Non solo, ma con l'estro e l'inventiva del signor Mario il camplesso, con le sue sale, i loggiati, il giardino trasformato in prato verde, le cantine in cui è conservato il vino di produzione propria, è diventata una specie di museo etnografico, sul tipo di quelli (più celebri e ricchi) di Quartu: Sa Dom' é Farra e Il ciclo della vita, e di molti altri esistenti oramai in qualunque paese della Sardegna.









Gli oggetti, caratteristici di un antico modo di fare agricoltura sono disseminati un pò dovunque, lungo le pareti che circondano il giardino o all'interno, e sulla maggior parte di essi vi è una tavoletta indicante il nome originario, così che l'insieme si presta ad essere oggetto oltre che di curiosità, anche di studio dell'antica cultura contadina.


La parte esterna della casa, i loggiati e il prato sono utilizzati attualmente per sporadiche cerimonie all'aperto. I proprietari li mettono a disposizione, infatti, dietro un rimborso per le spese di gestione, in occasione di matrimoni, battesimi cresime e altre occasioni di festa.




Sarebbe sufficiente molto poco per valorizzare questo luogo trasformandolo in un sito aperto al pubblico, meta di passeggiate culturali dei turisti che abbondano specie nei mesi estivi e che, talvolta, non trovano in loco quasi niente che possa soddisfare la loro voglia di sapere e di conoscere.


La casa si trova a Flumini di Quartu in Viale Leonardo da Vinci angolo Via Bingia de Cresia. Appena superato il ponte di Flumini, in direzione Villasimius, subito dopo la pericolosissima curva, se non si sta attenti si sbatte il naso proprio sul portone de " Su magasinu".


I numeri di telefono sono i seguenti: 070 821362/ 070 805154.


L'e-mail è : sumagasinu@tiscali.it

domenica 22 giugno 2008

Flumini Jazz


E' in corso di svolgimento nella piazza Andrea Parodi di Flumini, la manifestazione di tre giorni, 20, 21,22 Giugno, dedicata ad Andrea Parodi. Nella fotografia il trio di Kenny Barron (al pianoforte) che si è esibito sul palco allestito nel parco di Sant'Andrea, di fronte ad una gremitissima platea di intenditori, ma anche di famiglie che si sono trattenute fino a tarda sera riversandosi per l'occasione nei viali alberati del parco, allietati dalla presenza di bancarelle di dolciumi e bibite, e trasformando così l'avvenimento in una vera e propria festa estiva.

venerdì 20 giugno 2008

Jazz in Sant'Andrea

Con questo racconto inedito, intitolato Blues, mi piace fare un piccolo omaggio all'importante avvenimento musicale che si terrà questa sera nella piazza intitolata ad Andrea Parodi, a Sant'Andrea a Flumini.
Paolo Maccioni.
BLUES
L'uomo disse: “Lo sai quando è nato il blues?”.
Manuela rispose: “No”.
“ Bè, nello stesso momento in cui Adamo vide per la prima volta Eva”
“ Balle” disse Manuela con rabbia come se l'uomo l’avesse offesa.
L'uomo si portò alla bocca il boccale di birra. L’ambiente era semibuio e Manuela si avvicinò al pianoforte situato nell’angolo di una nicchia interna al locale. Si voltò come per lanciare un guanto di sfida. Sollevò il coperchio del pianoforte e posò una mano sui tasti. Accarezzò quelli neri.
Poi rivolse nuovamente la parola all'uomo: “ Adamo era un bianco!”, esclamò. “ Il blues è nero, come questi tasti.
Premette due volte il sì bemolle della prima ottava della tastiera.
Nel vuoto del locale risuonarono cupe e nitide le note. L'uomo si avvicinò al banco con il boccale vuoto, se lo fece riempire dal barman di nuova birra, e andò nuovamente a sedersi al tavolo che già occupava.
“ Chi sei ?” Chiese rivolgendosi a Manuela.

Lei abbozzò un sorriso enigmatico. Gli occhi erano velati da una malinconia lontana come se l’anima dormisse sotto una coltre di cenere che si sollevava al respiro e usciva dagli occhi. Traspiravano cenere anche le pupille cerchiate di grigio tendente all’azzurro opaco. Il sorriso si sciolse come quello della Gioconda in un impercettibile e ironico movimento delle labbra.
“ Non mi riconosci? Io sono Eva.”
“ Avevo ragione” replicò l'uomo compiaciuto. “ Le tue due note sono il blues d’Adamo ed Eva e del loro triste amore.”.
“ Non ti scaldare troppo uomo! Non è affatto così!” Rise argentino e il suo trillo si propagò per il locale deserto trasformandolo in un allegro carro in cui danzavano colorate ballerine di carnevale. “ Non solo gioia. Ascolta bene e vedrai la tristezza: campi di cotone e schiavi neri; i locali di New Orleans, donne e uomini che si trascinano stanchi e i loro figli che zappano i terreni e lo impregnano del loro sudore; fiumi con gli argini colmi di gente a tirare le chiatte col sale, notti fumose e marijuana; le ferite e le trombe e l’odore del sangue e della morte…”.
“ Sei nata a New Orleans?”
“ No. Sono nata in una grangia di una vallata veneta. Mio padre si ubriacava tutti i giorni e per divertirsi mi picchiava con la sua cinghia. Mia madre usciva il mattino dalla grangia e tornava la sera. Io badavo alle bestie e a curarmi i lividi che avevo su tutto il corpo. Quando uscivo nella campagna d’inverno ed era tutto scintillante per la neve, mi sentivo anch’io pulita e candida. Allora mi piaceva cantare.
“ Come mai sei finita in questa taverna?”
Lei si rivolse verso l’uomo delle mescite.
“ Lui mi ha portato qui”
“ Sei la sua donna?”
“ In confidenza: sì e no…” l'uomo sembrò incupirsi. Non gli piaceva fare la figura dell’allocco.
“ Non mi credi?” riprese Manuela, “ Lui sa che io sono libera come il fumo di una sigaretta. Come l’anima del blues che avevi in mente tu.
L'uomo trangugiò tutto il contenuto del boccale. Adesso sentiva una voglia imperiosa di conoscerla meglio. Gli piaceva pensare di poter prendere quel fumo e attirarlo verso una musica che lui sentiva dentro il cuore.
Lei improvvisò un arpeggio che abbracciò i tasti alti dei pianoforte. Poi, con il dito medio della mano sinistra sbatté ritmicamente sui tasti bassi, sempre la stessa nota, il sì bemolle.
“ Dove hai imparato a suonare?” Le chiese lui d’impeto.


“ Questo è tutto quello che so fare. Ma fa girare la testa.”
L'uomo prese il coperchio del pianoforte e fece per chiuderlo. “ Non voglio sentirti suonare. Voglio sapere la tua storia.”
“ Aspettami, arrivo subito. Ora devo cambiarmi d’abito per lo spettacolo”.
L'uomo chiese al barman “ Come vi siete conosciuti?” Questi non rispose. Sembrava riflettere.
L'uomo, agitato, non insistette e appena vide che lei tornava si avvicinò al tavolo di legno e riprese il suo posto. Si era fatto portare ancora della birra e Manuela si sedette al suo fianco.
Si era cambiata d’abito e indossava un vestito leggero e una blusa che le lasciava scoperte le braccia.
“ Osservami attentamente” disse, “ noti qualche cosa ?”
L'uomo prese a squadrarla. Incominciò dal viso e notò com’erano fatti gli occhi e gli zigomi. Questi erano dolci e leggermente sporgenti. Davano la sensazione che la pelle vi ricadesse sopra come il velluto o la pellicola delle pesche, sofficemente. Il naso, con le narici piccole e leggermente dilatate, su una bocca senza alcuna traccia di rossetto. Le braccia nude si congiungevano ad un petto non formoso ma delicatamente abbondante. La camicetta si apriva con un piccolo colletto che accarezzava la discriminatura dei seni al principio dell’incavatura.
“ Alzati” le disse in modo gentile e lei non si fece pregare. Si sollevò dalla sedia e fece alcuni passi indietro ancheggiando mollemente sulle gambe proporzionate, fece una piroetta tornando poi a sedersi con un atteggiamento civettuolo.
“ Perché mi hai chiesto di guardarti. Vuoi che ti faccia dei complimenti?”
“ No. Ti ho chiesto se non hai notato nulla di particolare”.
“ Direi di no. Sei bella. Desiderabile e inconsueta. Ma è tutto qui”.
Manuela sporse un braccio in avanti e lentamente lo portò alla vista dell'uomo. All’altezza dell’avambraccio si notavano dei minuscoli punti neri. L'uomo capì subito.
“ Ti droghi?”
“ Devo essere fumo per sentirmi libera.”
“ Sei infelice?”
“ Io respiro. Vivo. Cosa vuol dire felicità? Quando senti una musica sei felice? La senti e basta. In quel momento non ci sei più, sei altrove…Forse sui monti imbiancati, a preparare il mangime per gli animali, e le perle di neve ti aiutano a liberarti dalla fatica…le senti impalpabili sfiorarti il viso e le gocce che scorrono fin dentro le vene lavano e ti fanno dimenticare le cose che non vuoi ricordare…”
L'uomo ribollì di rabbia. Aveva capito il dolore.
La birra sembrava più frizzante e gli lasciava in bocca un gusto paglierino, invitandolo a berne ancora. Manuela, di fronte a lui, gli parlava e gli sorrideva. Poi Manuela si alzò e si diresse nuovamente verso il pianoforte. Sollevò il coperchio che l'uomo aveva chiuso e riprese a battere gli stessi tasti di prima in modo monotono. Lo invitava a gustare emozioni che lei percepiva nell’accarezzare i tasti del pianoforte. Quella musica ripetuta sembrò sollevarsi dai tasti per raggiungere la volta del locale per poi irradiarsi attraverso le pareti permeandole di suoni come se quelle fossero cassa armonica in cui le note rimbalzavano descrivendo parabole vibranti che si rincorrevano cristalline, per tuffarsi infine nel boccale che l'uomo portava alla bocca. Quella musica si sprigionava libera come un fantasma notturno e lieve come la carezza di una piuma.


Si rivolse al barista e gli chiese di dargli la sua tromba. Si avvicinò al pianoforte e sulle note della musica suonata da Manuela improvvisò il suo concerto. Suonava con gli occhi chiusi, rapito dalla melodia che il suo strumento riusciva a sprigionare. Vedeva, tenendo gli occhi chiusi, Manuela imprigionata nelle pareti domestiche tiranneggiata da un padre violento, la immaginava imbrigliata da un uomo al quale doveva una riconoscenza vitale, ne scorgeva il volto liberato dall’angoscia, mentre cantava. Ma l’anima, quella non riusciva a captarla. Allora si arrabbiava e scuoteva la tromba in su e in giù quasi aggrappandosi ad essa nel tentativo di comprendere il mistero facendolo uscire dalle pareti troppo spesse e strette della sua carne. E suonò, suonò senza accorgersi del tempo che filava via come una locomotiva. Intanto era sopraggiunta gente nel locale e lo ascoltava estasiata da tanto impegno. E solo alla fine, quando il locale era gremito di gente e sentì l’applauso che la folla aveva riservato alla sua bravura aprì gli occhi, desideroso di incontrare quelli di Manuela per godere insieme dell’applauso del pubblico.
Ma non li trovò. La gente continuava ad applaudire, ma lui non sentiva nulla. Chiuse ancora gli occhi inchinandosi leggermente nei confronti del pubblico e poi li riaprì definitivamente andando a posare lo sguardo verso il barista che gli fece cenno della mano con il pollice alzato in segno d’approvazione.
Si sentì esausto e stanco come se avesse trasportato lui un’intera chiatta di sale spingendola con le proprie braccia.
Manuela era scomparsa.

lunedì 16 giugno 2008

San Sperate

Il paese museo. Il paese delle pesche. Il paese dei murales. Il paese di Sciola. Sono questi gli appellativi più conosciuti con cui si suole indicare questa cittadina ordinata e pulita che dista trenta chilometri dalla costa di Flumini. Percorrendo la SS 131 ( Carlo Felice) in direzione Sassari, al Km. 13 si devia a destra all'altezza della rotonda per Sestu e, seguendo le indicazioni, si imbocca la strada che si snoda, tra serre e frutteti i cui proprietari espongono i loro prodotti direttamente al pubblico, fino al centro del Paese costituito dalla piazza Croce Santa.




Il paese è tutto quello che quei titoli dicono ma è anche molto di più e ciò a causa di una politica che ha rifiutato di trasformare l'agglomerato urbano in una brutta copia di periferia metropolitana, per scegliere invece la strada di un limitato progresso conservatore, nel senso di privilegiare, abbellendole, le caratteristiche originarie pastorali e soprattutto agricole. In virtù di queste caratteristiche, più che dai pochi monumenti, il visitatore viene attratto immediatamente da una atmosfera campestre che promana dagli scorci di case rurali che si intravedono sbirciando negli atri dei portoni, dalle vecchie attrezzature che si notano qua e la per il paese o che si immaginano dietro le mura abbellite da tinte pastello o da murales che imbrogliano la vista con prospettive irreali.
Sicuramente è interessante visitare la Chiesa parrocchiale, oppure il vecchio municipio ( dove ha sede quello che, pomposamente, viene chiamato museo del ladiri), o ancora la villa progettata dal Cima e ancora abitata dai proprietari con la propensione a farne una villa ristoro, o il giardino pubblico in cui vi è il monumento ai caduti, o le due chiese Santa Lucia e San Giovanni, o il vecchio monte granatico ristrutturato e adibito a biblioteca pubblica, ma ciò che incuriosisce è passeggiare per le vie del paese e ammirare gli oltre trecento murales che sono presenti dappertutto. Si respira quindi una atmosfera paganeggiante favorita dalla propensione naturale della gente alla contemplazione e all'arte e che, tuttavia, partecipa attivamente al decoro del paese, infiorendo le proprie case, gli ingressi, i loro balconi, non solo in occasione delle manifestazioni culturali di ogni tipo e in quelle delle numerose feste e sagre ( famosa quella delle pesche che si tiene a Luglio), ma anche nelle semplici occasioni quotidiane, per il solo gusto del bello.
Buona parte di questo risultato lo si deve anche all'opera di Pinuccio Sciola, lo scultore famoso in tutto il mondo, che del suo paese natale ha voluto farne un palcoscenico per le sue opere che si trovano disseminate un pò dappertutto.
Per chi volesse approfondire la conoscenza storica del paese segnalo i seguenti libri:
San Sperate - Il paese La scuola Le persone Il lavoro Le feste. Edito da EdiSar nel 1990 con testi di Assunta e Amalia Schirru e lavoro di catalogazione e ricerca di Vincenzo Porcu.
Il paese di San Sperate e il suo patrono. Autore Monsignor Luigi Cherchi - pubblicato dalla TEA S.r.l. Cagliari nel 1987.

martedì 10 giugno 2008

L'emigrante

Scorrendo le impostazioni analytics del blog ho avuto la piacevole sorpresa di notare che nell’ultimo mese preso in esame (9 Maggio–9 Giugno), vi sono stati diversi visitatori del blog appartenenti a paesi lontani dall’Italia. Precisamente: Stati Uniti, Germania, Francia, Inghilterra e poi, con minore frequenza, Malaysia, Svizzera, Cile, Polonia, Argentina. Credo possa trattarsi di italiani residenti all’estero che, casualmente, sono venuti a conoscenza di questo blog e dei suoi tentativi di mettere in risalto alcuni aspetti culturali legati al turismo, al territorio, alla storia di una parte della Sardegna, interessanti per chi visita l’isola non solo nei mesi estivi, ma anche in quelli delle altre stagioni. Volendo ringraziare queste sconosciute persone, desidero dedicare loro un breve mio racconto, premiato dall'Accademia Letteraria Italo-Australiana Scrittori, pubblicato nell’ antologia VOCI DI CASA NOSTRA (ALIAS Editrice Melbourne 2005). Nello stesso tempo sappiano che mi farà piacere esaudire con scritti e/o fotografie qualunque loro richiesta di argomenti collegati allo spirito del blog.


L’EMIGRANTE


Il cuore gonfio come un battello pneumatico. Gli occhi neri e lucidi che sembravano punte di tomaia lustrate con il lucido da scarpe Brill. Gli avevano messo nelle ruvide mani un biglietto aereo per andare all’altra parte del mondo. Un lavoro sicuro. Pagato bene. Con tanto d’assicurazioni sociali, diritto alla pensione, alla malattia, alla vecchiaia.
Lui invece, in casa sua cosa faceva? Raccoglitore stagionale d’olive o di pomodori o d’uva o di mandorle. Poca cosa, anche se i soldi per mangiare tutti i giorni, quelli non gli mancavano. Anche se, all’angolo del viottolo che regolarmente percorreva per andare in campagna, c’era quel bel pezzo di figliola che solo lo sguardo lo mandava in quinta rapida come un turbo diesel a 2000 giri. Non che con lei ci fosse nulla, magari! Però, chissà... se solo avesse avuto qui quello che gli promettevano così lontano... Magari lei ci sarebbe stata. Forse parlandone…
Ma ora non era il caso. Si sentiva padrone del mondo. Potevano raccontargli di tutto e lui avrebbe detto che sì, capiva. Certo, non avrebbe più potuto tifare per la squadra di calcio del paese, la Fulgor, di cui aveva indossato fino ad ieri la maglietta color giallo numero dieci, e
nemmeno correre con la Vespa del suo miglior amico, di sera, con i compagni, alla balera dove si esibivano i numeri uno del liscio. E nemmeno parlare il suo dialetto che tanto non lo avrebbero compreso. Questo lo infastidiva: come avrebbe fatto a bestemmiare ed imprecare quando qualche cosa gli andava storta? Pazienza, non importava, avrebbe sopportato. Se anche gli avessero raccontato che improvvisamente sarebbe diventato più maturo come se cento anni gli si fossero appesi sul groppone rendendogli pesante persino il camminare; che sarebbe intervenuta qualche delusione a fargli rimpiangere la sua decisione; che le difficoltà che avrebbe incontrato gli avrebbero reso faticoso il trascorrere dei giorni, sempre più lunghi; che l’amarezza per il vivere quotidiano, tanto diverso dalle sue abitudini, gli avrebbe schiantato l’animo. Anche se gli avessero spiegato che talvolta avrebbe dovuto ingoiare rospi e subire umiliazioni di cui oggi non ne avvertiva nemmeno la possibile esistenza. Ebbene, avrebbe lo stesso detto di capire. Anche se gli avessero previsto che talvolta avrebbe inseguito con la fantasia i sentieri consueti del suo paese e la sua bella mora dietro l’angolo della casa; che qualche lacrima sarebbe sgorgata spontanea nel leggere sui giornali soltanto il nome del suo paese natale. Anche se, rifugiandosi nella camera del suo alloggio, con tutti i confort moderni, avrebbe invece desiderato la vecchia cucina della casa e sentire il borbottare profumato del caffé ribollire dentro la consunta Moka. Anche se, avviandosi lungo la strada con la sua auto pulita e linda, avrebbe desiderato la sua ruvida bicicletta, senza parafanghi e con la vernice scrostata, con cui tornare alla spiaggia dai profumi intensi d’eterno presente. Anche se gli avessero assicurato che i soldi che ora guadagnava non gli davano per nulla quella felicità sperata, ma anzi, talvolta, lo avrebbero esasperato essendo, proprio loro, causa di malessere. Anche se lo avessero avvertito che non avrebbe avuto amici ma solo conoscenti, compagni d’affari, soci d’impresa, e che non avrebbe potuto fare più a pugni con l’amico del cuore per uno sgarbo che l’aveva ferito, semplicemente perché quei conoscenti, quei soci, quelle persone, non lo avrebbero colpito non avendone la forza d’urto. Anche se avrebbe desiderato tornare indietro, ma indietro non si poteva tornare perché non sarebbe stata più la stessa cosa e, tornando, non avrebbe più trovato le persone di un tempo, non le cose di un tempo, non le sensazioni di una volta.
Anche se gli avessero detto tutto questo, lui non avrebbe dato ascolto. Poiché gli bastava toccare la sua tasca che conteneva il portafogli che conteneva la busta che conteneva il biglietto aereo che conteneva la sua utopia.

Paolo Maccioni

domenica 8 giugno 2008

Cooperativa colline quartesi



Colline Quartesi Soc.coop. Via Boccaccio 120, 09045 Quartu Sant'Elena. http://www.collinequartesi.it/


A questa cooperativa si deve la riuscita manifestazione in fase di attuazione nel parco Andrea Parodi di Flumini di Quartu, che avrà termine nella giornata di Domenica 8 Giugno. Nella serata di ieri, sabato 7 Giugno si è avuta la degustazione delle patate preparate in diversi modi di cottura, fritte o a vapore. Il tutto con la partecipazione di una moderna e valida orchestra che ha allietato il numeroso pubblico con un ricco repertorio di musica attuale.


La cooperativa Colline Quartesi, oltre alle patate di cui ha fatto il suo cavallo di battaglia, produce anche altre verdure: Uva da tavola, fagiolini, pomodori in pieno campo, verdura a foglia.

sabato 7 giugno 2008

Parco Andrea Parodi

Il parco è dedicato al musicista Andrea Parodi, cantante acclamato e famoso, morto nel 2006 a Flumini di Quartu al cui nome è dedicato il festival del Jazz: FLUMINI Jazz & World - PREMIO ANDREA PARODI Parco "ANDREA PARODI" di Flumini di Quartu S. Elena (CA) 20-21-22 Giugno 2008, ore 21:30. I dati sotto indicati sono ricavati da Wikipedia.
Figlio di padre savonese e madre sarda, si diploma Allievo Capitano di Lungo Corso presso l'Istituto Tecnico Nautico della sua città natale, dove tornerà come docente di Marinaresca.
Matura una lunga esperienza nel Coro degli Angeli, di Sassari, gruppo formato nel 1977 sotto il nome di Sole Nero, che nei primi anni ottanta collabora in studio e dal vivo con Gianni Morandi.
Dotato di voce particolarissima e ricca di sfumature, Parodi è stato a lungo il cantante dei Tazenda, gruppo formato nel 1988 insieme a Gino Marielli e Gigi Camedda e con cui partecipa negli anni novanta a due edizioni del Festival di Sanremo e al Festivalbar del 1992.
Si impegna anche come regista, dirigendo i video dei Tazenda e alcuni documentari sulla Sardegna, oltre che come produttore di altri artisti sardi, come Marino de Rosas.
Nel 1997 prende l'amara decisione di uscire dai Tazenda per intraprendere la carriera solista. Tuttavia, il suo primo cd solista Abacada non riscuote un grande successo. Nonostante questo, proprio negli ultimi anni, raggiunge l'apice del suo successo collaborando con Noa e con Al Di Meola, con il quale ha pubblicato un cd live. Con lo stesso Al Di Meola ha fatto un tour europeo, segnando il tutto esaurito in quasi tutti i concerti.
Nel 2006 decide di tornare a collaborare con i vecchi amici dei Tazenda, ottenendo un nuovo successo di pubblico: 20.000 le presenze del concerto di Porto Torres (4 giugno 2006), più di 15.000 le presenze del concerto a La Maddalena il 20 agosto 2006. Tiene l'ultimo concerto il 22 settembre 2006, all'Anfiteatro Romano di Cagliari, con la partecipazione di molti amici, tra cui ancora una volta i Tazenda con cui aveva recentemente inciso il live Reunion. Quest'ultimo concerto è stato ripreso e inserito in un DVD messo in vendita con il quotidiano L'Unione sarda.
Andrea Parodi muore dopo alcuni giorni di coma il 17 ottobre 2006. L'artista lottava con tenacia contro il cancro da circa un anno.

Pataquartu 2006

E' in corso di svolgimento a Flumini, nelle giornate tra oggi e domani, nel parco Andrea Parodi, antistante la Chiesa di S. Andrea, la seconda fiera delle patate prodotte nel territorio quartese.

giovedì 5 giugno 2008

Raccolta differenziata dei rifiuti

QUALUNQUE PAESE CHE VUOLE FAR PARTE DELLA SOCIETA' CIVILE SI DOTA DI STRUMENTI NECESSARI PER UNO SMALTIMENTO RAZIONALE DEI RIFIUTI.

I CITTADINI SONO CHIAMATI A COLLABORARE



UN PICCOLO SFORZO DA PARTE DI TUTTI CONSENTE DI MIGLIORARE IL SERVIZIO DI RACCOLTA E A RENDERE PIU' ACCETTABILI I LUOGHI IN CUI SI VIVE.