La proposta di oggi è una passeggiata a Villamar che vi riporterà col pensiero a vicende che culminarono con alcuni fatti delittuosi mai del tutto spiegati.
Nella chiesa parrochiale di Villamar si trova il retablo di Pietro Cavaro, capolavoro dell'arte pittorica sarda del cinquecento.
Ai lati del retablo vi sono gli stemmi degli Aymerich, le cui vicende si intrecciano con quelle di Villamar, un tempo loro feudo. Ed ecco la storia romanzesca di un personaggio del loro casato, coprotagonista di vicende drammatiche che paiono attinte da un film.
Il Marchese di Laconi, capo della nobiltà isolana, don Agostino di Castelvì, nel 1667 si recò a Madrid perché intendeva condizionare il pagamento di gravose tasse imposte sull’isola da Maria Anna d’Austria, reggente il trono di Spagna, alla concessione di cariche pubbliche e privilegi per la nobiltà isolana.
La Corte spagnola, rappresentata in Sardegna dal vicerè Camarassa, non aveva alcuna intenzione di barattare alcunché, perciò il Marchese tornò in Sardegna con le pive nel sacco e, tuttavia, continuò la disputa con il vicerè, creandosi per tale motivo molti sostenitori.
Come sovente accade a chi, per passione politica o altro, trascura la domestica felicità, sua moglie, donna Francesca Satrillas, marchesa di Sietefuentes, “ era di quella tempera di cuore cui ratto s’apprende l’affetto benché illegittimo. Accesosi di lei un gentiluomo cagliaritano, d. Silvestro Aymerich dei conti di Villamar, tanto era trascorso l’uno, tanto erasi l’altra abbandonata, durante specialmente l’assenza del marchese, che oramai pareva si avesse la moglie di lui levato dall’animo ogni rispetto maritale. (G.Manno – storia della Sardegna – tomo secondo – pag. 169 e seg.).
Quando l’innamoramento reciproco era al culmine, il Marchese venne ucciso con un colpo di arma da fuoco ad opera di alcuni sicari rimasti sconosciuti.
E qui la vicenda si tinge di giallo: alcuni attribuirono questo delitto al vicerè Camarassa, che avrebbe fatto uccidere il marchese per togliere di mezzo un ostacolo ai suoi disegni politici, mentre altri furono propensi ad incolpare l’amante di lei, che avrebbe commesso il delitto per eliminare sbrigativamente il marito.
La verità non venne mai a galla, ma alcuni congiurati, pare istigati dalla donna, vollero credere alla prima ipotesi e, appena un mese dopo, uccisero a loro volta il vicerè Camarossa, suscitando lo sdegno della corte di Madrid e l’inevitabile, terribile vendetta. Furono tutti orrendamente giustiziati alcuni decapitati, le teste riempite di sale, infilzate in forconi ed esposte al pubblico nella torre dell’elefante in Cagliari.
La Marchesa si salvò. Finì i suoi giorni a Nizza, chiusa in un convento. Suo figlio, Antonio Aymerich fu poi riammesso nel possesso del feudo di Sietefuentes, come pure nei loro possedimenti gli altri eredi dei condannati, perchè il governo si persuase che l’omicidio del marchese di Camarassa non fu un complotto di congiurati, ma procedette solamente da iracondia e vendetta privata. (Chi volesse approfondire l'argomento può consultare google alla voce don Silvestro Aymerich. Gli studi sull'argomento sono molteplici.)
La Corte spagnola, rappresentata in Sardegna dal vicerè Camarassa, non aveva alcuna intenzione di barattare alcunché, perciò il Marchese tornò in Sardegna con le pive nel sacco e, tuttavia, continuò la disputa con il vicerè, creandosi per tale motivo molti sostenitori.
Come sovente accade a chi, per passione politica o altro, trascura la domestica felicità, sua moglie, donna Francesca Satrillas, marchesa di Sietefuentes, “ era di quella tempera di cuore cui ratto s’apprende l’affetto benché illegittimo. Accesosi di lei un gentiluomo cagliaritano, d. Silvestro Aymerich dei conti di Villamar, tanto era trascorso l’uno, tanto erasi l’altra abbandonata, durante specialmente l’assenza del marchese, che oramai pareva si avesse la moglie di lui levato dall’animo ogni rispetto maritale. (G.Manno – storia della Sardegna – tomo secondo – pag. 169 e seg.).
Quando l’innamoramento reciproco era al culmine, il Marchese venne ucciso con un colpo di arma da fuoco ad opera di alcuni sicari rimasti sconosciuti.
E qui la vicenda si tinge di giallo: alcuni attribuirono questo delitto al vicerè Camarassa, che avrebbe fatto uccidere il marchese per togliere di mezzo un ostacolo ai suoi disegni politici, mentre altri furono propensi ad incolpare l’amante di lei, che avrebbe commesso il delitto per eliminare sbrigativamente il marito.
La verità non venne mai a galla, ma alcuni congiurati, pare istigati dalla donna, vollero credere alla prima ipotesi e, appena un mese dopo, uccisero a loro volta il vicerè Camarossa, suscitando lo sdegno della corte di Madrid e l’inevitabile, terribile vendetta. Furono tutti orrendamente giustiziati alcuni decapitati, le teste riempite di sale, infilzate in forconi ed esposte al pubblico nella torre dell’elefante in Cagliari.
La Marchesa si salvò. Finì i suoi giorni a Nizza, chiusa in un convento. Suo figlio, Antonio Aymerich fu poi riammesso nel possesso del feudo di Sietefuentes, come pure nei loro possedimenti gli altri eredi dei condannati, perchè il governo si persuase che l’omicidio del marchese di Camarassa non fu un complotto di congiurati, ma procedette solamente da iracondia e vendetta privata. (Chi volesse approfondire l'argomento può consultare google alla voce don Silvestro Aymerich. Gli studi sull'argomento sono molteplici.)
A Villamar si può completare la visita contemplando i murales, alcuni bellissimi, che tappezzano i muri della cittadina. gli argomenti trattati da questi murales sono di tre tipi: politici, di tradizioni, decorativi.
Segnaliamo infine le due belle chiese di Villamar che sono state descritte in un precedente spot.
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